La Bce ha di fronte uno scenario molto complicato per le decisioni di politica monetaria che dovrà prendere a settembre e in autunno. Tali decisioni avranno un impatto rilevante sull’Italia. Il punto riguarda i tempi e modi per chiudere il programma straordinario sia di costo del denaro a zero sia di acquisti di debito delle euronazioni (Pspp) che la Bce ha usato come strumento per riportare l’inflazione dell’Eurozona vicina al 2%, obiettivo statutario dei suoi interventi. Tale programma, in realtà, ha avuto lo scopo non dichiarato di creare una garanzia europea sul debito italiano che l’Italia non poteva fornire sovranamente al mercato. Non la politica di reflazione, ma la scelta di attuarla comprando eurodebiti in quantità enormi è servita a disinnescare la mina italiana che minacciava di far saltare l’euro. Ora la crescita dell’Italia, pur migliorando, rimane troppo bassa e lenta in relazione ad un debito crescente verso i 2.300 miliardi, oltre il 130% del Pil. Inoltre, la crescita italiana resta più trainata dall’esterno che dalla ripresa del mercato interno, rendendola vulnerabile a una contrazione della domanda globale o a un cambio decompetitivo dell’euro. Infatti, il Governatore della Banca d’Italia l’ha definita “congiunturale” e non “strutturale”. In sintesi, considerando anche l’elevata probabilità di disordine politico nel 2018, l’Italia avrebbe bisogno del sostegno Bce almeno fino al 2019 inoltrato per permettere all’economia una ristabilizzazione nonostante la probabile mancanza di riforme stimolative sostanziali. Potrà la Bce rallentare la chiusura del Pspp? La Germania preme e premerà per chiuderlo prima, non solo per sua ideologia monetaria, ma perché il sistema pensionistico tedesco sta soffrendo gravi problemi per gli interessi troppo bassi. Ci sono poi motivi tecnici per dare un termine alle distorsioni finanziarie provocate dal Pspp. L’inflazione dell’Eurozona, tuttavia, tende a restare lontana dal 2% perché l’aumento del valore di cambio dell’euro, oltre a rallentare l’export dell’Eurozona (dato di luglio) riduce quella importata. Il dollaro, per i dubbi che l’Amministrazione Trump riesca a fare la riforma fiscale che manderebbe in boom l’America, sta scendendo, alzando l’euro. In conclusione, Draghi avrà argomenti tecnici per allungare il programma straordinario di reflazione, ma peserà sempre più la pressione contraria tedesca. La speranza è di un compromesso, ma la politica italiana dovrebbe valutare la priorità di mettere in ordine se stessa e la nazione.