Noto tre anomalie nel mercato internazionale dell’arte: a) le opere antiche, figurative, tendono mediamente ad avere valori inferiori a quelle contemporanee, per lo più astratte, nonostante la loro storicità e significatività simbolica; b) le opere italiane tendono a essere sotto-prezzate; c) la finanziarizzazione delle opere d’arte, pur oggetto di crescenti attenzioni, non appare sufficientemente evoluta. Esempio. Nelle tavole di un pittore veneto del ‘600 c’è un messaggio alchemico criptato, un’innovazione stilistica e un forte effetto decorativo. Il valore di mercato è tra i 40mila e i 60mila euro. L’autore non è noto internazionalmente. Un quadro astratto fatto da un autore di moda e vivente, noto internazionalmente, è scambiato a valori molto più alti. Evidentemente il valore del secondo è creato da una pressione da parte dei mercanti. Niente da dire, a parte che il valore di una tale categoria di autori/opere molto costruiti dalla moda ha un rischio di volatilità elevato, infatti spesso attualizzato. Ma ci sarebbe molto da dire sul perché i mercanti non spingano opere d’arte figurative e autori antichi, in particolare quelli italiani, in gran parte sconosciuti. Renderli noti a una platea globale di compratori appare un investimento promettente perché si può comprare a sconto da un immenso giacimento di opere storiche sottoprezzate valorizzabili con opportuna comunicazione e con il plus di una minore volatilità dei prezzi per la natura storica delle opere stesse. Come si potrebbe cogliere tale opportunità? Tentare una pressione diretta per valorizzare l’arte storica italiana in modi tradizionali – operazioni mediatiche, accordi con le case d’asta, tra mercanti, ecc. - potrebbe apparire una forzatura non premiata dal mercato, così come il premere per valorizzare l’antico e figurativo in generale. Una strategia migliore potrebbe essere quella di attivare strumenti per la finanziarizzazione di opere d’arte, in generale. Per esempio: quotazione di un quadro su una piattaforma di scambio globale, a seguito di una certificazione credibile di autenticità – tagging fisico e storia delle transazioni via blockchain dedicato – con la possibilità di trasformarlo in azioni, in base a schemi di contrattazione che ne assicurino la liquidità come unità o parti. Quotare l’antico e figurativo su una tale piattaforma probabilmente ne farebbe emergere meglio i valori ora sotto-prezzati. Sollecito lo studio di una tale piattaforma marcando che la tecnologia per farla c’è e che la tecnica finanziaria-legale appare costruibile. Bello se fosse italiana.