Mai come ora la politica ha avuto la responsabilità di creare fiducia sul futuro dell’economia italiana. Potenziali investitori sia interni sia esteri stanno osservando che la ripresa si sta rafforzando un po’, per lo più trainata dall’export, ma che il motore interno del sistema economico è ancora bloccato. Per tale motivo il volume degli investimenti privati, che è la leva principale per aumentare la crescita e il riassorbimento della disoccupazione, resta insufficiente, tra i più bassi fra le nazioni comparabili. Tale dato è preoccupante. Evidentemente non c’è abbastanza fiducia negli attori economici al riguardo del futuro dell’Italia. E purtroppo non è facile dar loro torto. Il governo non ha ottenuto il consenso dei partiti per avviare un’operazione di dismissione parziale del patrimonio pubblico allo scopo di ridurre almeno di un po’ l’enorme debito. Tale dato fa pensare agli attori di mercato che il clima di campagna elettorale, che potrebbe protrarsi fino alla primavera del 2018, non permetterà di impostare azioni di efficienza e di equilibrio contabile, esponendo l’Italia a ulteriori riduzioni del voto di affidabilità finanziaria. Il ritardo nella riparazione di alcune banche, a causa di incomprensibili lentezze da parte della vigilanza europea, pur avendo lo Stato messo a disposizione una cifra sufficiente per la loro ricapitalizzazione, aumenta la sensazione di una situazione italiana troppo incerta per investire. Il suicidio di Alitalia, poi, ha generato la sensazione che il Paese sia condizionato da una cultura economica irreale, anzi surreale. Le espressioni dei leader/partiti più robusti, poi, destano perplessità sul piano del realismo. Uno dice che metterà il veto a trattati fiscali sfavorevoli all’Italia, senza cogliere l’autolesionismo di una sfida in condizioni di debolezza, altri che l’Italia uscirà dall’euro, dando l’insieme della politica italiana il seguente messaggio al mercato: pur di non mettere mano alle riforme interne di efficienza per aumentare la crescita e ridurre il debito prevalgono nelle offerte politiche la demonizzazione, più o meno marcata, dell’Europa nonché irrealistiche soluzioni “uscitiste”. Non deve sorprendere che gli investitori stiano fermi e che molti italiani preferiscano muoversi all’estero, creando un enorme problema prospettico all’economia nazionale. Soluzioni? Forse anticipare le elezioni in autunno ridurrebbe il periodo dell’incertezza. Certamente un richiamo ai partiti per più realismo sarebbe necessario, ricordando loro che la priorità dell’azione politica è produrre fiducia.
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