per moltiplicare la potenza nazionale in un tavolo mondiale dove solo i grandi possono sedersi. Per questo l’Eurozona resterà un modello di sovranità convergenti verso gli stessi standard, ma senza una condivisione delle sovranità stesse. Poiché un’area monetaria non può restare stabile senza un prestatore di ultima istanza e una qualche funzione di riequilibrio degli squilibri generati dall’impatto della medesima moneta su economie diverse, qualcosa in comune verrà messo, ma entro condizioni limitative. Salterà per rigidità? Improbabile. Poiché il modello resterà di convergenza verso uno standard ordinativo e non di condivisione della sovranità, sarà interesse delle potenze maggiori definire un percorso di adesione per le nazioni o più disordinate, come l’Italia, o meno industrializzate, come il Portogallo e altri, dove saranno erogate sia concessioni sia condizioni e non solo più il rigore. In conclusione, è probabile che dal 2018 sia apra uno spazio di “negoziati pragmatici” per un’architettura che favorisca meglio la convergenza tra nazioni che restano sovrane. La politica italiana dovrebbe prepararsi al nuovo europragmatismo, realisticamente, conquistando credibilità negoziale con più tagliadebito.