La contaminazione ambientale dei motori a petrolio e della generazione di elettricità a partire da combustibili fossili ha raggiunto livelli intollerabili sia per la salute delle persone (la cappa di gas sopra le città) sia per il pianeta (le emissioni modificano lo scambio termico tra la Terra e lo spazio creando l'effetto serra). Anche le benzine "verdi" si stanno dimostrando insufficienti e perfino portatrici di nuovi pericoli, per esempio la contaminazione da parte dello MBTE delle risorse idriche. Da anni si é alla ricerca del rimedio. Nell'Europa molto ideologica e poco tecnologica lo si é cercato dando priorità al metodo conservatore di limitare la circolazione delle auto, sia in modi indiretti (aumento dei costi per gli utenti) sia diretti (il divieto, in Italia, di transito domenicale in alcune città). Negli Stati Uniti, invece, dove la tecnologia é l'ideologia trainante si é puntato decisamente alla ricerca e realizzazione di motori privi di emissioni contaminanti. Da una parte, é evoluta fin dai primi anni 90 – Clean Air Act - una legislazione avanzata che ha definito standard e termini temporali precisi per forzare le industrie a produrre mezzi a impatto ambientale minimo. Dall'altra, il governo, attraverso il Dipartimento dell'energia, ha finanziato generosamente università ed industrie per la ricerca e sviluppo di veicoli alternativi a quelli spinti dal petrolio. Auto e bus a batteria, mezzi ibridi, alimentati da biogas, energia solare, nitrogeno liquido, e idrogeno. Grazie a questa doppia stimolazione, da un paio d'anni – a partire da una tecnologia sviluppata dalla Nasa fin dagli anni ’60 - é finalmente emersa una soluzione che si dimostra più efficiente di tutte le altre: la cellula di combustibile ad idrogeno (fuel cell). Funziona come una batteria che non si scarica, ma che continua a produrre energia fino a che è rifornita di idrogeno ed ossigeno. I due elementi, passando per degli elettrodi, generano elettricità, calore e (come residuo) acqua pura. L'industria automobilistica si sta orientando sempre di più verso i motori elettrici alimentati da cellule combustibili ad idrogeno, abbandonando altri esperimenti, quali le auto a batteria e le tecnologie alternative dette sopra. I mezzi elettrici concepiti nel passato, infatti, hanno tempi lunghi di ricarica e poca autonomia. Inoltre l'energia presa dalla spina deve essere generata da qualche altra parte, con evidente incremento della contaminazione fino a che la si genera via combustibili fossili. I sistemi ibridi (o "paralleli") sono complicati e comunque mantengono la dipendenza dal ciclo del petrolio e relative sporcizie in tutte le sue fasi. Nei motori spinti dalle cellule a combustibile, invece, basta inserire ossigeno ed idrogeno, la ricarica é fattibile in pochi minuti, la resa energetica é buona e quindi l'autonomia comparabile a quella di un auto tradizionale. E dal tubo di scarico, appunto, esce acqua pura. Contaminazione zero. Ma è veramente fattibile la sostituzione del petrolio con l’idrogeno per l’autotrazione e la produzione di energia in generale?
Cerchiamo esempi concreti, intanto, nel settore critico della mobilità. Nel marzo del 1999 la Daimler-Chrysler ha realizzato il prototipo di un'auto spinta da generatori ad idrogeno (Necar 4) che raggiunge la velocità di circa 150 Km all'ora ed ha un'autonomia di 450 Km prima di dover ricaricare. L'azienda ha dichiarato che investirà circa 1,4 miliardi di dollari (più di 2.500 miliardi di lire) per perfezionare la nuova tecnologia. Ciò dimostra che il gigante automobilistico tedesco-americano crede seriamente che la novità sia industrializzabile. Soprattutto i vertici dell'azienda sostengono che i problemi tecnici dei motori a idrogeno – fino al 1997 considerati quasi insuperabili da tutti i diversi soggetti impegnati nel loro sviluppo - sono stati risolti. E che resta solo quello, critico, di ridurne i costi. Ma, recentemente, ha definito raggiungibili i seguenti obiettivi: prezzo di 18mila dollari (sui 34 milioni di lire) nel 2004 per una vettura tipo Mercedes classe A spinta ad idrogeno. E, con questi numeri – se confermati - potrebbe in effetti andare. L'azienda stima che nel 2020 le auto ad idrogeno saranno il 25% del mercato globale. Anche Ford, Honda, Bmw, Toyota e Volkswagen stanno velocemente organizzandosi per cavalcare la nuova tecnologia. Molte di queste case automobilistiche stanno cooperando per costruire il primo impianto sperimentale per la manutenzione ed il rifornimento di auto ad idrogeno (a West Sacramento, California, autunno 2000). In sintesi, tali dati mostrano concretamente che siamo all'inizio dell'epoca post-petrolifera. Tuttavia mancano ancora le leve politiche per darle veramente impulso. Tre le principali: (a) un trattato globale vincolante - precorso da un accordo "nucleo" tra americani, europei e giapponesi - che definisca l'abolizione totale del petrolio come carburante per le automobili entro un termine abbastanza ravvicinato (2025-2030); (b) una scadenza più flessibile (comunque entro il 2050 e preceduta da fasi sempre più restrittive) per vietare i combustibili fossili nella produzione generale di energia; (c) soprattutto bisogna inventare un cuscinetto politico – ed è questa complicazione che rende necessariamente lunga la fase di sostituzione - che assorba la crisi di tutti i settori basati sul petrolio per rendere socialmente ed economicamente fattibile la transizione verso l’energia pulita basata sull’idrogeno.
Da un serio ministro dell’ambiente mi aspetterei una politica orientata a controllare, raffinare e realizzare questo scenario e non inutili misure simboliche che fanno sospettare un interesse ideologico dei verdi teso più a demonizzare il progresso che non ad utilizzarlo per trovare soluzioni ecopolitiche realmente efficaci.