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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 1999-1-14L' Arena,
Giornale di Vicenza,
Brescia Oggi

1999-1-14

14/1/1999

La Borsa in bilico tra nuove opportunità e vecchi freni

Nell'ultimo anno la Borsa italiana ha dato risultati inferiori alla media degli altri mercati azionari europei, a loro volta notevolmente peggiori di quelli della Borsa americana. Ciò non é sorprendente. Una Borsa é lo specchio dell'efficienza istituzionale ed economica di una nazione. Il modello politico italiano non é amichevole nei confronti del mercato e ciò deprime, in generale, i potenziali di crescita sia dell'economia reale sia dei valori azionari. Ma questi potenziali, sulla carta, sono enormi. Soprattutto, gli italiani ormai hanno preso definitivamente confidenza con il mercato borsistico. La bassa remunerazione dei tradizionali titoli di Stato ne ha spinti sempre di più a passare dal reddito fisso a quello variabile, trasformandoli da massa passiva di risparmiatori in partecipanti attivi al capitalismo di massa. E ciò aumenta le possibilità di espansione della nostra economia finanziaria. Infatti il mercato internazionale sta tornando a guardare con nuovo interesse la Borsa italiana in quanto appare molto sottovalutata in relazione alle sue possibilità teoriche di crescita. Sarebbe quindi il momento perfetto per investire. Ora é interessante capire se stanno per finire, o almeno pesare di meno, i fattori che hanno finora determinato la stagnazione borsistica.

Nonostante sia la sesta economia mondiale in termini di Pil misurato in dollari o euro, la Borsa italiana ha una grandezza simile a quella, medio-piccola, di Zurigo. C'é un divario enorme tra grandezza dell'economia e quantità di imprese quotate. Aumenteranno? In Italia ci sono meno di mille grandi aziende e qualcosa come trecentomila micro, piccole e medie imprese. Il mercato azionario dovrebbe configurarsi in modo tale da permettere a queste piccole unità di quotarsi. La buona notizia é che ciò sta avvenendo (la nascita del Nuovo mercato). La cattiva é la solita. Una piccola impresa attira il capitale degli azionisti se é in grado di promettere una rapida crescita e buon profitto. I carichi fiscali eccessivi e la rigidità delle regole occupazionali non rendono facile ad un'azienda italiana fare tale promessa. Inoltre molte piccole imprese preferiscono sdoppiarsi o triplicarsi piuttosto che diventare più grandi, in quanto sotto i quindici dipendenti non scatta la legge che permette ai sindacati di fare il bello e cattivo tempo. Fino a che non cambia il sistema generale, sarà difficile che un imprenditore, pur possedendo un buon brevetto tecnologico e capace, per dire, di portare l'azienda da dieci a cento miliardi di fatturato in poco tempo sia incentivato ad investire e ad andare Borsa. Moltissime aziende che in America si sarebbero già quotate sul Nasdaq, in Italia non riescono a farlo perché il sistema le blocca.

Ma il limite detto può essere superato nei settori dove il mercato é talmente prorompente da promettere tassi esplosivi di crescita anche entro un sistema soffocante . E' il caso della nuova economia di Internet e di quella delle telecomunicazioni che riverbera con essa. Per esempio, il grande successo della quotazione di Tiscali, più del 50% in pochi giorni, da un'idea del fenomeno. Che si sta amplificando con decine di nuove imprese che stanno investendo migliaia di miliardi nel nuovo settore. Qui la Borsa italiana certamente crescerà. Ma il risparmiatore deve stare attento al fatto che nel mercato Internet, come accade nel resto del mondo, tantissime aziende ci provano, ma solo poche, alla fine, sopravviveranno.

L'andamento di altri settori, meno esplosivi, ma comunque solidi e promettenti, non é solo pregiudicato dal modello economico generale italiano, ma da un certa opacità delle regole borsistiche. Per esempio, i tre milioni ed ottocentomila piccoli risparmiatori che hanno comprato azioni Enel in fase di collocamento hanno fatto benissimo a farlo perché il settore elettrico é buono. Ma sono stati semibidonati sul piano del prezzo in quanto ne hanno pagato uno iniziale troppo alto (4,3 euro) che ha scontato un ottimismo non giustificato dai fatti. Le possibilità di efficienza futura dell'Enel, infatti, non sono ancora chiare, ma il governo privatizzatore le ha pubblicizzate in termini troppo illusori (con certa complicità della stampa specializzata, va detto). Ma il punto principale - sul quale ci osservano dall'estero - é che la Consob, autorità regolamentare della Borsa, non si é distinta granché per forzare il governo privatizzatore a comunicazioni ed azioni più trasparenti che avrebbero tutelato meglio i piccoli riaparmiatori. Così come nei casi della privatizzazione di Telecom, e successiva vicende, si nota che le norme, sia di diritto societario che borsistiche, permettono agli azionisti di maggioranza di agire con notevole, e spesso dannosa, indifferenza nei confronti di quelli di minoranza.

In sintesi, da un lato la Borsa italiana é piena di potenziale per offrire una crescita forse superiore a tutte quelle europee nel 2000. Dall'altro sarà difficile che ci sia questo boom senza un avvio delle riforme economiche generali e di quelle relative alla trasparenza e certezza del mercato azionario. Siamo in bilico tra due direzioni la cui probabilità si equivale. Scommesse? Un pelino più verso l'ottimismo in quanto si nota che, pur a fatica, il sistema italiano é costretto a fare i conti con standard internazionali che lo costringono, finalmente, a scongelarsi e a schiarirsi.

(c) 1999 Carlo Pelanda
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