Queste pagine e poche altre escluse, il più della stampa non ha voluto o saputo spiegare ai cittadini il rischio di attentato alle libertà fondamentali contenuto nel pacchetto Visco-Bersani. I senatori del centrodestra hanno combattuto una battaglia epica, lunedì e martedì scorsi, per evitare la conversione in legge di questo incredibile, per anticostituzionalità, decreto. Ma la sinistra ha posto la fiducia e il pacchettaccio è passato. Ora andrà alla Camera per l’approvazione finale. Questo articolo ha l’intento di stimolare i deputati del centrodestra ad organizzare una resistenza tanto forte e di alta qualità argomentativa quanto quella fatta dai loro colleghi senatori, ma alzando di più la voce affinché esca chiaramente dal Palazzo l’informazione che siamo in “emergenza democratica”.
Tre i punti dove l’incostituzionalità è più evidente. Il primo riguarda il ricorso al decreto governativo per le materie trattate. E’ un vulnus apparentemente minore perché la prassi ha annacquato le motivazioni di urgenza che giustificano la legiferazione per decreto. Ma proprio per questo un limite andrà posto o se no avremo nel nostro ordinamento una facoltà illimitata dell’esecutivo che contraddice, pericolosamente, il principio di bilanciamento dei poteri. Molto più pesante, come esplicitato con maestria analitica dal senatore D’Onofrio (Udc), è il fatto che il governo non può trattare per decreto, che implica una potestà legiferativa assoluta, materie su cui esiste la competenza concorrente delle Regioni. Dopo la riforma del Titolo quinto della Costituzione attuata nel 2001, le Regioni hanno competenza in materia di professioni e dintorni. Ma il ricorso al decreto per “riformarle” – la componente Bersaninel pacchetto – non la riconosce. O il governo ritira il decreto, e ripropone la materia attraverso un procedimento ordinario e istituzionalmente adeguato, oppure viola la Costituzione. Ma la ferita sostanziale, e non solo procedurale, veramente allarmante riguarda la componente Visco nel contenuto del decreto. Questa, infatti, instaura il principio di controllabilità totale preventiva (tracciabilità) di ogni contribuente da parte del fisco. Il senatore Baldassarri (An) ha trovato parole efficacissime per denunciarne l’incostituzionalità formale e l’illiberalità sostanziale. Nessuno mette in dubbio i poteri di polizia e magistratura per accedere ad ogni dato relativo ad un indagato, entro garanzie, ma è inaccettabile l’accertamento continuo e totale senza garanzie di riservatezza e di tutela come la nuova norma vorrebbe instaurare. Non è solo un “Grande fratello”, ma un “Grande tecnoinquisitore”. Su questo punto liberticida la battaglia dovrà essere determinatissima dentro e fuori il Parlamento. Se la perderemo i dati di ogni transazione bancaria, lista clienti, spesa anche minuta, in sostanza di tutto il comportamento economico di un cittadino, dovranno essere inviati ad un computer centrale. Quelli di oggi hanno capacità tali da tenere aggiornato in tempo reale il profilo di ogni individuo. Si tratta di una schedatura totale della popolazione come mai vista nel mondo e nella storia. Soprattutto, non c’è alcuna norma che garantisca contro l’uso improprio dei dati. E’ una misura talmente estrema sul piano dell’autoritarismo che probabilmente i cittadini manco si sono accorti che qualcuno stia tentando di farla veramente, in una democrazia. C’è speranza di fermarla alla Camera nonostante la stramaggioranza di sinistra? I parlamentari avranno bisogno di una forza di dissuasione/deterrenza in più, vista come è andata la cosa al Senato. E il dargliela tocca a noi, qui, avvertendo i lettori che per difendere la libertà potrebbe essere necessaria una mobilitazione straordinaria, anche di piazza. Sarà il nostro Piave.