In attesa della verifica sui dati elettorali proviamo ad ipotizzare la formazione di un esecutivo di sinistra sulla base di quelli provvisori. Potrà veramente governare? No, è molto improbabile. E tale considerazione, qui di seguito argomentata, implica la definizione di un criterio di “responsabilità nazionale”. E non può essere quella che ora la sinistra chiede a Berlusconi, cioè di concederle la vittoria e starsene tranquillo all’opposizione, proprio per l’impossibilità della sinistra stessa di poter governare. Quale, pertanto, dovrà essere un più realistico criterio di responsabilità per l’interesse nazionale?
Il punto è che al Senato non può reggere una maggioranza di sinistra con uno o due voti, o nessuno - nel primo caso - qualora venisse eletto un Presidente che fa parte dell’Unione. A tale considerazione da sinistra rispondono che ci sono i senatori a vita, implicitamente assumendo che Andreotti, Cossiga, Napolitano, Scalfaro, ecc. possano aiutare la “maggioranza” nei momenti di bisogno. Probabilmente al riguardo di Scalfaro hanno ragione. Ma, francamente, non posso immaginare un Andreotti Padre della Patria e un Cossiga coraggioso difensore della stessa prestarsi ad un gioco di parte. Li posso immaginare prendere posizioni decisive su questioni di vita e di morte per la nazione, ma non al riguardo dell’ordinaria amministrazione. E ciò porta ad uno scenario di maggioranza sempre incerta al Senato. Leggendone attentamente il regolamento, molto più restrittivo di quello della Camera, si può facilmente rilevare che nelle Commissioni non vi sarà maggioranza o, perfino, questa sarà inversa. E ciò promette uno schema di blocco. In particolare per atti legislativi troppo contrari al programma del centrodestra. Per esempio, poniamo che la Camera , resa governabile dal premio maggioritario, voti un aumento delle tasse sui lavoratori autonomi. Il centrodestra farà certamente blocco e basterà un senatore di sinistra con l’influenza, o in ritardo con l’aereo, e la legge verrà bocciata, rinviata alla Camera. Immaginiamo poi leggi che mettano in contrasto le due componenti della sinistra, quella comunista e l’altra più moderata. Per esempio una che permetta di fatto i matrimoni tra omosessuali. Immaginiamo anche che la sinistra trovi un compromesso sofferto alla Camera. Cattolici temporaneamente a sinistra come L’Udeur o alcuni della Margherita farebbero saltare tale legge al Senato. Se pensiamo, poi, ad atti che approvino scelte governative che modifichino la collocazione occidentale dell’Italia si può facilmente prevedere che questi, al Senato, non passeranno mai. E se non ci riusciranno la coalizione di sinistra, costruita come il costume di Arlecchino, si spaccherà. In sintesi, è molto improbabile che la sinistra riesca governare ed è certo che se tenterà di farlo in queste condizioni, in ogni caso, la sua coalizione si scioglierà. Come mai a sinistra non fanno tale analisi che mi sembra ben sostenuta dai fatti? Probabilmente sperano di comprare senatori del centrodestra. Ma è credibile? Anche tentando scenari di fantapolitica non lo è. Per esempio, sarebbe sensibile la Lega ad uno scambio tra consenso sull’autonomismo e sostegno alla sinistra? Finirebbe la Lega per abbandono da parte dei suoi elettori. Potrebbe Casini o qualche componente dell’Udc tradire? Non esiste, è mitologia. Compravendita di senatori combinate con leggi tassiste? Il Nord diventerebbe sul serio secessionista. Quale alternativa resta, allora, per evitare il problema di ingovernabilità e la spirale di crisi se si tenta di risolverlo con criteri opachi “di Palazzo”? Mi sembra che l’unica alternativa seria sia quella di andare a nuove elezioni. Cioè di chiedere agli elettori di dare una maggioranza netta o all’uno o all’altro. In questa prospettiva ci sono due alternative: nuove elezioni subito, a giugno o governo tecnico che gestisca gli obblighi europei dell’Italia per il 2006, in particolare quelli di riequilibrio del bilancio, per poi tornare alle urne nel marzo del 2007. Questo, invece di cantare vittoria, è ciò che la sinistra dovrebbe accettare di discutere per interesse della nazione.