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Carlo Pelanda: 2006-1-14il Giornale

2006-1-14

14/1/2006

Minaccia iraniana
Il valore della coesione dell’Occidente

La minaccia iraniana è grave e ci costringe con urgenza a capire cosa esattamente ne determinerà il peggioramento o il contenimento.   

 Teheran vuole diventare una potenza nucleare per prendere il dominio sia regionale sia simbolico, globale, nell’area islamica. Ma, per il momento, non al prezzo di essere dichiarata un paria internazionale. Se ciò avvenisse, infatti, diventerebbe bersaglio di ritorsioni legittimate dall’Onu. E i capi del regime non sono sicuri di poter resistere ad una tale pressione, anche perché divisi tra loro in una società molto variata che contiene sia una borghesia modernizzante sia una parte ispirata dallo spiritualismo sciita, per altro frammentata tra moderati ed estremisti. Gli embarghi economici, che di solito non funzionano, nel caso dell’Iran potrebbero avere effetto destabilizzante perché la sua economia è sufficientemente complessa e dipendente dal commercio internazionale per diventare vulnerabile a restrizioni. Impoverirebbero oltre misura la componente modernizzante incentivandola alla rivolta o comunque peggiorerebbero le condizioni del consenso pur scontando un effetto di mobilitazione nazionalista. Ora in Iran prevalgono le fazioni estremiste, ma non in modo così consolidato da farne sopravvivere il potere di fronte a competitori o insurrezioni che potrebbero cogliere l’opportunità di una crisi. In tale contesto il regime iraniano può trovare il compromesso interno solo su una linea: farsi le bombe atomiche, ma riuscendo a dividere americani ed europei in modo tale che non convergano per legittimare ritorsioni militari od economiche pesanti con ombrello Onu. Senza di questo, con la sola America e pochi altri ingaggiati, non solo la pressione sarebbe debole, ma farebbe un favore agli estremisti iraniani e darebbe loro la scusa per prevalere sui moderati. E ciò spiega il significato principale veicolato da Manucheher Mottaki, ministro degli Esteri iraniano, agli europei: non mettetevi con gli americani, accordiamoci. Prima di tutto in sede di Aiea che è l’organo internazionale di regolazione dei programmi nucleari nazionali. La strategia di Teheran è quella di mantenerne bloccato il potere di sanzione frammentando europei ed americani mentre accelera la costruzione del proprio potenziale nucleare. E’ un piano raffinato che conta, più che sulla ricattabilità degli interessi di alcuni Stati europei in Iran, sulla presenza di forti correnti antiamericane nella sinistra europea. Cioè sul fatto che la risposta dura americana troverà dissensi forti in Europa. E’ lo stesso modello d’azione su cui hanno scommesso Saddam ed Osama bin Laden e che ha costretto gli americani a rischiare l’illegittimità per salvaguardare le credibilità di un “Occidente ordinatore”. La strategia iraniana, semplificando, non è dissimile. E rende chiara la contromossa: compattarci, dimostrare determinazione e così convincere Teheran che il costo sarà superiore al beneficio in modo da rafforzare le argomentazioni delle correnti moderate nel regime iraniano. Tale mossa ha una buona probabilità di almeno congelare lo scenario.  Se, invece, europei ed americani non saranno coesi, allora gli iraniani tenteranno l’opzione più rischiosa. E dovrà tentarla anche Washington per evitare che Israele, disperata, attui una difesa preventiva che innescherebbe un incendio incontrollabile nell’intera regione. Il punto di questa analisi è semplice: l’unità dell’Occidente è l’unica formula realistica per contenere la minaccia iraniana e sperare di risolvere il caso per via negoziale rafforzata dalla credibilità dissuasiva. L’Italia, per la sua posizione condizionante nell’Unione europea, è rilevantissima in questo scacchiere. La buona notizia è che il nostro governo è sulla giusta linea. Il silenzio da sinistra, invece, fa temere che questa non lo sia. Quindi non è retorica chiedere a Prodi, Rutelli, Bertinotti e Fassino di dire chiaramente e congiuntamente se favoriranno la convergenza euroamericana o la saboteranno. Gli elettori hanno il diritto di sapere se la sinistra sarà parte del problema o della soluzione e riportare tale dato alla valutazione della loro sicurezza.

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