Siccità prolungate, picchi di calor ed altre anomalie ambientali non possono essere più considerati eventi rari. Ma vengono trattati come tali e per questo siamo in ritardo nell’adeguare l’Italia al cambiamento climatico. Cerchiamo di capire il problema e come risolverlo.
La ricerca non sa ancora dirci se stiamo vivendo una fase di grande o piccola trasformazione del clima, ma a pelle nessuno può negare che un cambiamento sia in atto. I ghiacciai si ritirano, le emergenze idriche si ripetono ogni estate, ecc. Ma si continua a considerare come “anomalia” tale situazione. Conseguentemente, la sua gestione è affidata ad una logica di emergenza, cioè oggetto di interventi di protezione civile e non di politica ordinaria. La seconda intesa come definizione di nuovi standard nei servizi medici, nella politica delle risorse idriche e, in generale, del territorio. La differenza tra le due concezioni è, sostanzialmente, economica: la prima, emergenziale, costa apparentemente meno della seconda che implica un rifacimento complessivo del sistema. Ma siccità, rischio sanitario, problemi di fornitura energetica e disagi varii causati da situazioni climatiche a cui il nostro Paese non è storicamente adattato stanno generando crescenti costi diretti, indiretti e nascosti. Questi ultimi appaiono paurosi: in agricoltura, turismo, servizi medici, bilancio casalingo, ecc. Quindi, in attesa di dati climatici più precisati, è la razionalità economica a segnalare che è urgente trattare le crisi climatiche come fenomeni tipici e non anomali, con soluzioni sistemiche e non solo d’emergenza. Un esempio chiarirà il punto. Se ritengo normale, e non evento raro, un periodo di siccità ogni anno, allora sarà ovvio predisporre una maggiore capacità ordinaria di immagazzinamento delle acque quando piove. La buona notizia è che in Italia, oltre a precipitazioni ancora abbondanti, anche se diminuite, esiste un alto numero di bacini dove fare questo lavoro. La brutta è che molti di questi non possono essere riempiti in pieno perché non ancora collaudati e certificati. In sintesi, una parte della crisi idrica è dovuta a motivi di inefficienza burocratica. Che sarebbe ridotta se si stabilisse una politica di gestione ordinaria delle acque calibrata, appunto, in previsione delle siccità endemiche. Questa misura da sola potrebbe far evitare miliardi di euro di danni al settore agricolo. E rendere calcolabile per un agricoltore il proprio scenario economico, quindi gli investimenti ed il ciclo finanziario degli stessi, cosa che ora è incerta proprio per l’eventualità che manchi l’acqua. Tale concetto di prevenzione dovrebbe estendersi a mille altri settori colpiti dal mutamento climatico, da gestire sempre meno con operazioni d’emergenza e sempre più con adattamenti sistemici. Per esempio, l’assistenza anticalura agli anziani che vivono in case non climatizzate ha un costo notevole per la sanità pubblica. Che sarebbe ridotto dall’incentivazione all’acquisto di massa di condizionatori. Può colpire il fatto che misure così semplici non vengano attuate. Ritengo che il motivo principale sia quello qui individuato: i governi – accade in tutto il pianeta – tendono a vedere come fenomeni rari, da trattare con politiche d’emergenza e non di adeguamento ordinario, le crisi ambientali. Non solo perché è più comodo, ma anche per tre problemi di fondo: (a) gli adeguamenti sistemici, in realtà, impongono alle persone dei nuovi comportamenti e ciò aumenta la probabilità di dissensi che i politici temono; (b) per fare politiche di reingegnerizzazione del territorio ci vogliono strumenti tecnici e scientifici che i governi tipicamente non possiedono; (c) qualora li attivino la razionalità tecnica si scontrerà con quella politica per diversità dei criteri. Infatti per adattare l’Italia al mutamento ambientale dovremo risolvere questi problemi politici generali e non solo ecospecifici. Difficili, ma meglio sudare su questi che arrendersi alle fesserie dell’ecologismo di sinistra: non c’è acqua, risparmiala abolendo la doccia. La vera sfida, invece, è gestire bene l’acqua affinché tutti se la godano quanto loro pare, ecologia della libertà.