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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2005-4-15il Giornale

2005-4-15

15/4/2005

Terrorismo economico

 Sento di dover denunciare un vero e proprio sabotaggio comunicativo, da parte della sinistra e fonti di opinione tecnica e giornalistica connesse, finalizzato ad instaurare un profezia di imminente catastrofe economica imputata all’incapacità del governo Berlusconi. E sento anche il dovere di fare il possibile per farlo finire non solo per partigianeria politica, ma perché sta gettando inutilmente in ansia milioni di persone. E, soprattutto, sta dando ai cittadini che provano una forte incertezza economica l’illusione che ci sia un metodo di sinistra per mettere le cose a posto. Accuso questa gente di terrorismo comunicativo e di truffa contro gli italiani.

 Vediamo dove è il vero problema, la sua entità, per capire dove stiano sabotaggio e truffa.  Dal 2001 siamo entrati in un “ciclo dell’ansia”. Non si tratta solo o tanto della crisi di fiducia dovuta ai noti motivi di destabilizzazione globale (guerra al terrorismo, scoppio della bolla finanziaria 1996-2000 e relativa recessione finanziaria, scandali). Questa è stata in buona parte risolta o si sta autorisolvendo. Ma dal 2003 è visibile, sia in America sia in Europa, una montante crisi dell’ottimismo economico di massa a causa dell’impatto sia della concorrenza globale sia della maggiore efficienza competitiva che le imprese stanno adottando per sopravvivere ad essa. In estrema sintesi, perché è scenario non pennellabile in poche righe, nel presente e nel prossimo futuro, per un certo periodo, la gente dovrà lavorare più duro, guadagnerà di meno o non di più, con la percezione crescente che il loro posto di lavoro non è sicuro. Gli incrementi di produttività industriale – taglio dei costi - e l’andata a pieno regime della concorrenza globale stanno producendo questi effetti. Che gli economisti vedono come temporanei e non fatali: una nazione ricca cede ricchezza, ma poi ne riprende di più proprio grazie all’economia globale. Per esempio, la Cina esporta, ma poi importa ben di più. Tuttavia, solo recentemente la ricerca si è accorta che l’intervallo tra perdita di ricchezza (per esempio, industrie che chiudono o delocalizzano) ed il suo ritorno è piuttosto lungo. Particolarmente in Europa, meno in America, anche perché il modello politico sfavorisce le nuove iniziative che dovrebbero sostituire i settori industriali ed i posti di lavoro persi. Passando all’Italia, questo quadro è complicato dal fatto che il governo Prodi accettò un cambio lira-euro che tagliò circa il 30% del potere di acquisto delle famiglie nel nuovo regime monetario. E dal fatto che da noi molti settori industriali sono vulnerabili alla concorrenza per semplice costo del lavoro. Complicato da un euro troppo alto che ha tagliato una buona metà del nostro potenziale esportativo, oltre agli svantaggi fiscali ed altri pesi noti. Questi problemi, in realtà, non sono ancora così estesi da provocare un disastro. Ma sono grandi abbastanza per comprimere la crescita (il Pil). Tale fattore combinato con il minor potere di acquisto determinato dallo sciagurato cambio lira-euro genera in un numero crescente di persone la sensazione che il domani potrebbe essere peggio dell’oggi. Questa è la realtà fotografata del momento. I sabotatori, quando la hanno vista nei dati, ci hanno costruito sopra un film dell’orrore, trasformando un problema risolvibile in una profezia catastrofica. Certi di incontrare le paure del pubblico e grazie a questo sconfiggere le argomentazioni di chi, invece, vedeva e vede le soluzioni, non facili, ma nemmeno difficili. Si tratta di  un crimine culturale tra i peggiori: impaurire di più una popolazione in ansia invece di produrre fiducia. In una società che vive di fiducia questo è un crimine assimilabile al terrorismo, il medesimo obiettivo di bin Laden. Accuso sinistra e poteri contingentemente alleati, che offrono i loro media al complotto, di tale crimine. E anche di truffa. Perché è una presa in giro pensare che la crisi competitiva possa essere risolta da un metodo di sinistra, tra l’altro influenzata fortemente dai neocomunisti. La soluzione non può essere altro che quella di tagliare le tasse per trasferire capitale sia alle famiglie sia alle imprese e lasciar lavorare di più il mercato. Esattamente il programma della Casa. A cui le nuove consapevolezze sullo scenario devono far aggiungere tre cose in più: tutele transitorie per chi perde il lavoro, regolazione dell’impatto di concorrenza sleale globale e provvedimenti speciali per alcune aree deboli del Sud e del Nord. In conclusione, il successo del terrorismo comunicativo ha portato ad una situazione simbolicamente e politicamente difficile: la soluzione c’è, ma non ha consenso. Ed il consenso si è mosso verso chi non ha soluzioni, ma solo l’intento di far fuori Berlusconi. Il punto: una democrazia funziona solo se due metodi diversi competono per ottenere il medesimo scopo sostanziale, nel caso specifico la manutenzione del capitalismo di massa. Non funziona o salta, invece, quando una parte politica, quasi l’intero sistema di poteri non elettivi, dal giudiziario a quello finanziario, usa dei metodi, di fatto, eversivi. Scalfaro appoggiò un colpo di Stato, pur entro la correttezza formale. Oggi si punta all’attentato simbolico, al terrorismo comunicativo. Si sveglino gli amici e colleghi ed abbiano il coraggio di denunciarlo come qui sto facendo. Si sveglino anche i lettori che si fanno abbindolare dai seminatori della paura.

(c) 2005 Carlo Pelanda
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