Non so se serva a qualcosa e se siamo ancora in tempo a rimediare, ma i leader del Cdu devono sapere che il loro rifiuto totale ad ospitare il Partito radicale nella Casa della libertà è contrario ad una regola condominiale della Casa stessa: è benvenuto, in linea di principio, chiunque persegua credibilmente il liberalismo, nelle sue varianti popolare, cristiana, sociale, autonomista e libertaria. A scusante degli amici del Cdu vi può essere il fatto che la trasformazione di tale regola da implicita ad esplicita è ancora oggetto di dibattito tra ed entro i partiti. Ma una tendenza maggioritaria si sta delineando e questa sta determinando sia l’evoluzione dell’identità della Casa sia una nuova configurazione del suo confine politico. Entro cui i radicali, nell’ambito di un adeguato contratto politico che tuteli i valori di tutti, non solo sarebbero benvenuti, ma anche parte qualificante che dovremmo ringraziare se accettasse di stare con noi. Forse l’approfondire questo punto potrà dare al Cdu i motivi per abbandonare l’ostracismo.
La Casa è nata come raggruppamento d’emergenza “contro” le sinistre. Ma fin dagli inizi, nel 1994, sviluppò la capacità pragmatica di generare accordi tra partiti molto diversi non solo per l’interesse comune “contro”, ma anche “per”. E tale seconda componente positiva si sviluppò negli anni fino ad arrivare, nel 2001, ad un programma liberal-riformista condiviso da tradizioni ed identità politiche piuttosto diverse. In tale evoluzione l’iniziale convergenza “contro” è stata arricchita dalla scoperta che le diverse interpretazioni politiche del riferimento alla libertà potevano dialogare tra loro trovando un numero crescente di punti in comune e conseguenti applicazioni politiche e di linea di governo: l’occidentalismo bilanciato con la lealtà europea, il riformismo liberista reso compatibile con i requisiti delle tutele sociali e, soprattutto, quasi un naturale compenetrarsi tra cristiani che accettavano il dialogo con i valori laici e viceversa. In sintesi, la Casa è evoluta conquistando un metodo di composizione dei diversi modi di sentire e degli interessi. Non solo per necessità elettorale, ma anche perché la base comune di liberalismo, ed un leader forte che la presidiava, ha creato un terreno che ha facilitato le convergenze. E proprio per questo le avanguardie del pensiero politico nella Casa stanno ora valutando che questa possa allargare i propri confini a liberalismi che finora sono rimasti fuori o ai margini del condominio: poiché abbiamo scoperto un metodo per comporre diverse interpretazioni della libertà, allora chiunque ne sia credibilmente portatore venga con noi e troverà uno spazio comodo per esprimersi nel rispetto delle identità altrui. In sintesi, la Casa delle libertà, con gli anni e l’esperienza, ha scoperto un eccezionale metodo di integrazione delle diversità compatibili. Al punto che le sue avanguardie di pensiero politico vedono sia la possibilità di formare, nel futuro, un partito unico – configurazione più efficace per governare – sia quella di aprire il condominio ad altri liberalismi che ne sono finora rimasti fuori: la parte riformista e non collettivista oggi tristemente e sorprendentemente schierata con la sinistra ed i radicali. Tale allargamento del confine politico è oggi materia di discussione entro la Casa. E, come detto sopra, sta prevalendo il concetto di aprire, ospitare ed includere. Non solo per pratici motivi di estensione del consenso in relazione ad una difficile competizione elettorale. Ma perché – questo è un formidabile contributo intellettuale di Sandro Bondi – l’identità della Casa non è quella di essere una “destra”. Siamo di destra nel senso convenzionale che ci collochiamo contro la sinistra, ma il nostro confine politico non è destra/sinistra: è quello tra passato e futuro, tra riforme e passività, tra liberalismo e collettivismo. Questa intuizione – per altro recentemente rinforzata da molti leader di tutti i partiti della Casa nel seminario di Todi organizzato ed ispirato da Ferdinando Adornato - sulla vera qualità del movimento della libertà ha posto le premesse per poterne estendere i confini al Partito radicale ed ai centristi ora di sinistra qualora lo volessero. E per poter confermare ai socialisti-liberali la loro perfetta idoneità ad essere parte della Casa. Tutto questo serve a mettere in uno schema di alta qualità politica gli accordi di composizione che avvengono tra le diverse componenti. Da un lato, è comprensibile che alcuni valori ed obiettivi dei radicali non siano condivisi dalla maggioranza della Casa. Per esempio quelli che contrastano con i valori cristiani, quali l’aborto, il divorzio, il confine tra scienza e morale, ecc. Ma, dall’altro i radicali condividono il liberalismo economico, l’occidentalismo, la passione per la democrazia e per una politica che ne favorisca la diffusione nel pianeta, ecc. In tale situazione l’inclusione dei radicali può essere selettiva: su alcuni temi ritenuti portanti per il programma della Casa e compatibili con i valori di tutti questi dovranno impegnarsi alla lealtà con il resto del raggruppamento. Su altri si concorderà prima che ciascuno si prenderà la propria libertà di espressione. Sarebbe un accordo di tale tipo così scandaloso al punto da allontanare il voto cattolico dalla Casa? Non credo. Per questo è incomprensibile il “noi o loro” del Cdu. Posizione che prego di rivedere anche alla luce di quanto detto.