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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2001-10-2il Giornale

2001-10-2

2/10/2001

Ambiguità dell’Onu
Perché no alla Germania

 Ha fatto bene Berlusconi a ribadire l’opposizione dell’Italia all’entrata di nuovi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, in particolare la Germania. Non solo perché c’è un motivo preciso di tutela dell’interesse nazionale in relazione al sistema europeo. Ma anche perché non sono chiare le regole di riorganizzazione del Consiglio stesso, fonte di diritto internazionale per le iniziative di sicurezza globale. E questo secondo punto, non ancora commentato a sufficienza, è il motivo che rende morale e saggio, e non solo interesse particolare, il primo.  

 Le nazioni con diritto di veto nel Consiglio si sicurezza sono le potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale: Usa, Regno Unito, Francia, Russia e Cina. E parte di quelle che dispongono di armamenti nucleari. L’entrata di Giappone e Germania con tale status cambierebbe il primo criterio stabilendo che un tipo di ordinamento mondiale è finito e ne deve emergere un altro. Il che è vero e sacrosanto, in generale. Ma il criterio sarebbe troppo ambiguo. Perché si baserebbe sul concetto che ogni area del mondo abbia una nazione leader con potere privilegiato in sede Onu. In tale caso perché no, per dire, il Brasile? E che senso avrebbero tre europei nel momento in cui, pur solo teorica, c’è un’Unione europea? In generale, tale criterio implicito di riformare il Consiglio dandogli una varietà maggiore di rappresentanze regionali, mescolato con il vecchio ordinamento, non può funzionare. Per esempio, se l’India conquista il seggio con diritto di veto perché dovrebbe starne fuori il Pakistan, potenza altrettanto nucleare, con il quale c’è ancora un conflitto aperto? E chi rappresenta l’area asiatica? La Cina che ne è la superpotenza emergente, ma non democratica o il Giappone che è una democrazia, ma più piccolo e senza armi nucleari? Tokyo potrebbe dire, mi faccio la bomba anch’io (che è pronta da decenni, ma non dichiarata) e siamo pari. E allora la Corea del Sud, temendo di essere schiacciata, come avvenuto nell’ultimo millennio, da Cina e Giappone si farebbe la bomba anch’essa. Anzi, se la è già fatta, tenendolo nascosto e tutti interessati a non dare pubblicità al fatto, come risposta alle capacità nucleari e missilistiche (intercontinentali) della Corea del Nord. In un caos del genere noi italiani cosa dovremmo fare? Evidentemente farci anche noi la bomba, bastano sei mesi per confezionarne una adatta a vettori a noi facilmente reperibili. E il povero Gheddafi che ha appena mandato tutto il suo arsenale nucleare in un magazzino del Wisconsin – e grazie all’analisi lì fatta si è capito chi contrabbandava tali armi a chi -   perché dissuaso dalla determinazione antiproliferativa Usa, cosa farebbe in una situazione del genere? Sicuramente la figura del fesso, cosa che i siriani – dotati del gas nervino VX e oggettini del genere anche parcheggiati lì da Saddam per non farsi beccare con armamenti di distruzione di massa – e gli iraniani si guarderebbero bene di evitare. Scusatemi, è evidentemente uno scenario surreale, ma da l’idea di quale caos verrebbe fuori se si cambiasse il criterio  del vecchio ordine mondiale senza riflettere bene su quale debba essere quello nuovo.

 Ed è segno di irresponsabilità che la Germania richieda, anche con arroganza nei nostri confronti, per altro ben ribattuta da Frattini, un seggio con diritto di veto tentando una politica di potenza nazionale senza nemmeno pensare al criterio generale di nuovo ordinamento mondiale ed ai vincoli che ci siamo posti dentro l’Unione. Chi analizza i motivi della pretesa tedesca ne trova due inaccettabili. Uno tra le righe, scusandomi del tono con i tanti tedeschi di buon senso: siamo crucchi e grossi, nel futuro saremo il potere singolo europeo, abbiamo un “diritto di potenza”. Il secondo in chiaro, nelle dichiarazioni di Fischer: “questo secolo sarà quello del multilateralismo e noi vogliamo esserci in giusta posizione”. Che vuol dire: la Germania vuole dominare il blocco europeo con la complicità della Francia mettendo in minoranza il Regno Unito costretto ad abbozzare. L’Italia fuori per evitare un due a due intraeuropeo.  Per prima cosa, l’Italia, con questa maggioranza al potere, ritiene che il secolo, più che multilaterale, dovrà essere guidato dall’alleanza delle nazioni democratiche impegnate in una comune missione di democratizzazione globale. Perché la democrazia è il modello che minimizza l’aggressività di una nazione e ne massimizza lo sviluppo, rendendola il miglior strumento di costruzione della sicurezza. Su un progetto del genere l’Italia  sarà sempre pronta a cooperare con i soci nei limiti e nelle prerogative della sua capacità contributiva. Per tale idea l’Italia può accettare di autocondizionare la propria sovranità a favore di un’entità sovranazionale che la persegua, l’Unione europea od un corpo credibile dell’Onu. Ma mai accetterà che l’Europa sia un luogo di giochi di potenza fuori dall’obiettivo detto. L’Italia ha conferito la propria sovranità ad un’entità europea condivisa e non a Berlino e a Parigi. Se la seconda continua a vedere l’Europa come strumentale alla sua ambizione di potenza e ci si mette anche la prima a fare lo stesso, noi reagiremo. Questa non è l’Italia dei Quisling di sinistra o della massoneria di rito francese che dal 1996 al 2001 hanno svenduto la nazione alle idee imperiali franco-tedesche. Lo capiscano a Parigi e Berlino.

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