I produttori della dottrina regolativa e di vigilanza dei sistemi finanziari cercano di prevenire future crisi. Ma nei loro tentativi vedo poca consapevolezza dei problemi limitativi che affliggono i modelli di prevenzione e le analisi di vulnerabilità. Non è una critica perché la ricerca “post 2008” in materia di prevenzione delle crisi finanziarie, e in generale della regolazione, è agli inizi e per questo non si avvale di schemi teoretici irrobustiti da un’ampia varietà di test fattuali. Ma la “regolazione senza teoria” può creare crisi peggiori di quelle che vorrebbe evitare perché è incline a svilupparsi per prove ed errori eseguite sul corpo vivo dei sistemi finanziari dove gli errori possono essere destabilizzanti, come si è visto. Per questo lo sviluppo della dottrina regolativa dovrebbe essere più consapevole nel formulare le ipotesi a priori da cui derivare atti regolativi. Come? Un modo è aprire la mente e cercare in altre discipline similitudini capaci di indurre analogie. Per esempio, sarebbe utile analizzare i casi di prevenzione contro catastrofi per vedere quanto e come politiche preventive funzionino nei sistemi umani. A me capitò, in sede di iniziativa ONU dedicata alla riduzione via prevenzione degli impatti di eventi naturali estremi (UN-IDNDR, anni ’90) di predisporre per il gruppo scientifico un modello costi/benefici dove si mostrava come investimenti in prevenzione per rischi individuabili avrebbero quasi azzerato i costi di ripristino di un sistema sociale colpito (da terremoti, alluvioni, ecc.). Ma il modello fu dichiarato inapplicabile dopo un test con un campione di governi. Il costo della prevenzione senza evidenza forte del rischio non riceveva consenso e, soprattutto, l’azione preventiva avrebbe creato distorsioni considerate persino peggiori del disastro. Molto istruttivo, poi, fu il vedere che nella ricostruzione dopo un disastro si preveniva lo stesso danno nel futuro, ma non si coglieva l’occasione per rafforzare il sistema territoriale complessivo: è famosa la foto di una casa antisismica in Friuli che restava intatta mentre un’alluvione la trascinava via. Con questa immagine in mente probabilmente un regolatore non punterebbe solo a limitare il moral hazard e a rinforzare il capitale proprio di una banca, ma vedrebbe la necessità di creare un prestatore di ultima istanza robustissimo, globale e regionale, via accordi preventivi tra Stati e Banche centrali, per crisi non previste. E gli o le sarebbe più chiaro che prima di applicare regole preventive dovrebbe testare il loro impatto distorsivo. Almeno questo.