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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2002-1-5il Giornale

2002-1-5

5/1/2002

L’euro non è l’Harry Potter dell’economia europea

Sobriamente. Una moneta, semplificando, è conseguenza dell’economia e politica sottostante, non causa di queste. Quindi sarebbe illusorio aspettarsi che la sola costruzione della cornice monetaria implichi automaticamente, quasi per magia, una maggiore efficienza e crescita, la costruzione di istituzioni europee più solide, la pace universale e chissà quale cornucopia. L’euro non è Harry Potter. Va visto, invece, come un nuovo professore severissimo che non perdonerà errori e che vorrà i compiti perfettamente eseguiti. Chiamiamolo Mr. Fact. Perché ci impone il criterio basato sul “fatto” che dall’euro non si può tornare indietro e quindi deve per forza andare bene. D’ora in poi sono inutili sia la retorica euroentusiasta sia i dubbi euroscettici. Il nuovo atteggiamento giusto deve essere quello “freddo” (bravo il governo che lo sta perseguendo): fare le cose bene, con realismo senza emozioni. Cioè costruire una politica ed economia sottostante che renda solida, e non appesa all’aria, la moneta unica. Come se Mr. Fact ci avesse dato il seguente compito: fatto l’euro adesso dovete rifare l’Europa. Propongo al dibattito la priorità di correggere tre malfunzioni europee (modello, Patto di stabilità e Bce) e di riempire un vuoto.

L’Unione europea è un misto piuttosto caotico tra modello confederale (sovranazionale) ed intergovernativo (decisioni condivise da nazioni che restano sovrane). Mr. Fact richiede, prima di tutto chiarezza e semplicità istituzionale. Questa comincia dagli scopi dell’Unione. La parte confederale è pesantemente influenzata dall’idea di costruire una supernazione europea. Questa componente è complicata. Perché dovremmo caricare la già difficile costruzione europea di una missione non essenziale e un po’ troppo romantica? Ci sarà tempo nel futuro, eventualmente, e dovremmo controllare meglio questo mito euronazionalista che puzza di brutte cose vecchie. Quindi proporrei di toglierla tornando al sano e pragmatico principio della precedente Comunità economica europea: ci si integra per tutto ciò che serve all’economia, per il resto si vede volta per volta. Questa “Europa utile” sarebbe più semplificata. Abbastanza flessibile sui temi politici, ma molto strutturata su quelli economici, i secondi da costituzionalizzare. Non cambierebbe granché da quello che c’è perché comunque già ora il sistema è retto da un tavolo intergovernativo. La Commissione sarebbe meno ambigua perché avrebbe un ruolo più chiaro di segretariato del consiglio intergovernativo. Il Parlamento europeo, per altro senza poteri, potrebbe essere riconfigurato come luogo dove una rappresentanza di tutti i parlamenti nazionali si incontra per questioni fondative o eccezionali. Sarebbe più serio e democraticamente più legittimo. Manterrebbe il nome di Unione perché l’alleanza tra nazioni sarebbe quanto lo è la moneta unica. Da difendere con una forza armata paneuropea, ma organizzata come la Nato (conferimenti nazionali sovrani) e con questa integrata. In sintesi, un’Europa chiaramente delle nazioni che sovranazionalizza l’essenziale e lascia da parte quello che non lo è. Tra i tanti benefici vi sarebbe anche quello di favorire l’entrata del Regno Unito nell’euro, timoroso di una cessione di sovranità eccessiva, ma sufficientemente pragmatico per non restare fuori da uno spazio economico. Solo questa prospettiva sarebbe di rilevanza tale da sciogliere tutti i dubbi (almeno quelli italiani) per la semplificazione proposta.

Il Patto di stabilità, invece, risente di un’Europa “troppo” delle nazioni che non riescono a darsi una almeno parziale funzione unica di governo dell’economia. Tale frammentazione ha imposto un automatismo che comporta l’eccessiva rigidità per le politiche di bilancio. Per esempio, una defiscalizzazione seria è impedita dal rischio di non rispettare per un anno o due il vincolo del pareggio. E’ di una stupidità colossale. Risolvibile creando un Tesoro sovranazionale unico per alcune funzioni (tasse escluse). Che lasci flessibilità di bilancio ai Paesi, entro regole e garanzie che ciò non porti a scompensi. Sognerei anche l’integrazione paneuropea del debito pur restando i singoli Stati responsabili delle quote dovute. Ma fermiamoci al concetto di sostituzione del Patto di stabilità che è la cosa realistica più urgente da fare, avverte Mr. Fact. 

Forse perfino più urgente è ridisegnare la Banca centrale europea. La sua credibilità gestionale è compromessa e ciò pesa non poco su quella dell’euro. Si imputa alla cattiva qualità delle persone questo pessimo risultato. Ma penso sia una critica ingiusta, comunque esagerata. Il problema reale è che è stata disegnata male (modello Bundesbank). Ha solo la missione di difesa dall’inflazione. Bisognerebbe aggiungere anche quella di stimolazione monetaria della crescita economica (modello Fed). Poi ha un’architettura di governo ambigua. Che andrebbe chiarita eliminando il direttorio sovranazionale e  lasciando che il tavolo dei singoli governatori  nazionali  elegga un Presidente per un dato periodo. E che decida, con regole appropriate, i tassi. La rappresentanza tecnica delle diverse aree europee sarebbe migliore. E la vigilanza sugli istituti bancari dovrebbe restare nazionale, per lo stesso motivo, pur condivisa attraverso l’eurotavolo dei banchieri centrali nazionali.

Il vuoto da riempire con assoluta priorità riguarda un Codice civile paneuropeo. O parte di esso che almeno permetta un “contratto unico europeo” per qualsiasi transazione. Tra l’altro da esportare ai Paesi europei orientali che stanno ricostruendo il diritto dopo la tragedia comunista, tipo la Russia. Un unico, grande, spazio economico, senza fronzoli. Questa è roba seria, sorride Mr. Fact, altro che l’europotterismo.

(c) 2002 Carlo Pelanda
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