E’ definitivamente svanito il timore ventilato dalle sinistre – e “grancassato” su molta stampa nostrana ed estera, ma per ispirazione di parti italiane - che Berlusconi potesse essere isolato, e con lui l’Italia, dal club dell’Alleanza atlantica e dell’Unione europea. In realtà, il nostro primo ministro non ha fatto nulla di particolare, giustamente. Si è comportato, nei vertici della Nato e di Goteborg, esattamente come deve atteggiarsi un leader di un paese forte dotato di una legittimità altrettanto forte. E tutti gli altri glielo hanno riconosciuto, naturalmente ed ovviamente. Qui ci sono un “non-evento” ed un “nuovo evento” che meritano commenti.
Il primo riguarda la percezione internazionale di un’anomalia Berlusconi ed italiana. Evidentemente non è mai esistita. Se ci fosse stata, si sarebbero notati almeno piccoli segnali di ostracismo pur nell’ambito della cortesia diplomatica. Niente, anzi. Quindi stiamo parlando di un non-evento, di un problema non esistente perché mai esistito. Ma dobbiamo trattarlo per scopi di educazione futura. Per due mesi politici di sinistra, analisti, opinionisti e intellettuali hanno cercato di convincerci che c’era un pericolo Berlusconi in forma di isolamento dell’Italia. Pongo loro un problema di correttezza metodologica, indipendente dalla preferenza politica: dove diavolo hanno trovato le prove o gli indizi che tale problema esistesse nella realtà? Non c’era e quindi hanno inventato tutto. Anch’io scrivo su queste pagine con molta passione politica. Ma non ho mai osato inventarmi delle cose inesistenti in suo nome. Loro sì e ne abbiamo la prova. Sarebbe utile che costoro riflettessero a fondo sui danni che può fare il metodo dell’invenzione infondata: ha umiliato la nazione intera senza motivo. Li perdoniamo, più che altro perché si è stufi delle diatribe di bassa qualità, ma non lo facciano più. Anche per rispetto di se stessi.
Il secondo evento, reale, è promettente. La forza del consenso interno pesa moltissimo nel dare credibilità ad un leader sui tavoli di politica internazionale. Per decenni i nostri primi ministri si sono seduti su questi con la debolezza di chi aveva alle spalle una grande instabilità. Non solo, il disordine interno non ha mai permesso all’Italia di definire con precisione ed in modo attivo il proprio interesse nazionale. Abbiamo sempre rincorso il consenso degli altri affinché ci accettassero nel club nonostante i problemi di ingovernabilità interna. Fino al punto da essere noi a cedere spesso la sovranità, affinché una fonte d’ordine esterna ci governasse, anche in casi dove nessuno la voleva. Unico caso al mondo, coperti di ridicolo. Va detto che ci siamo sempre barcamenati grazie all’abilità di singoli individui. Per esempio, il compianto Guido Carli pose alcuni codicilli nei preliminari del Trattato di Maastricht che, in seguito, ci salvarono in un momento dove l’Italia non aveva alcuna credibilità negoziale. Il criticatissimo, ma ancora non ben studiato serenamente, Craxi, per far entrare l’Italia nell’allora G5, poi G7, fece un miracolo di capacità personale. E ci sono tanti altri esempi del genere. Ma di fatto, senza togliere un qualche merito recente a Ciampi e, un po’ di meno, a Prodi, mai dopo la fine degli anni ’50 abbiamo visto un’Italia riconosciuta come protagonista sul piano internazionale, tale per ordine interno e per legittimità politica di chi la rappresentava. Il come è stato accolto Berlusconi nei recenti vertici ed i commenti di contorno lasciano intendere, preliminarmente, che ora l’Italia è considerata un soggetto internazionale primario. Non è cambiata la rilevanza “passiva” del Paese. Pur inguaiati, siamo una potenza economica e membri di diritto del consiglio di amministrazione del pianeta. E’ cambiata, invece, la natura interna del Paese – nuova governabilità come promessa di grande consistenza – e ciò permette di proiettare già da ora più forza negoziale verso l’esterno. Questa è la novità che si è sentita nell’aria, indizi che avrete certamente notato nelle cronache. Non entusiasmiamoci, comunque, troppo in anticipo. Nuovi maggioranza e leader dovranno confermare concretamente, all’interno ed all’esterno, questa buona aspettativa internazionale e bisognerà aspettare i fatti. Ma i primi, per esempio l’approccio di mediazione tra Stati Uniti ed Ue, sulle questioni ambientali, senza per altro incrinare la coesione della seconda (pacta sum servanda), promettono un Italia, appunto, protagonista intelligente e solida del sistema occidentale. Piace anche all’Economist che registra con soddisfazione, a riparazione di tesi un po’avventate del recente passato al riguardo dell’Italia, che finalmente dopo un decennio di governi instabili ne abbiamo uno serio e robusto. Grazie, non dubitavamo della loro obiettività, ma potevano usarla un po’ prima nei nostri confronti.