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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 1998-11-27il Giornale

1998-11-27

27/11/1998

Emergenza pensioni

Lo si sa e si scrive da anni, ma Monorchio - Ragioniere generale dello Stato- lo ha recentemente confermato con inusuale chiarezza. Il monte pensioni gestito dall'Inps non é sufficiente per pagarle nel futuro e lo si potrà fare solo alzando le tasse. E' una dichiarazione formale di bancarotta del sistema pensionistico (e generale) dello Stato.

Mi spiace essere crudo, lettori più anziani, ma questo significa che lo Stato rischia seriamente di non poter pagare più le pensioni o di doverle tagliare o, nel migliore dei casi, di non riuscirle ad adeguare all'aumento del costo della vita, cosa che comunque comporta un sensibile impoverimento. Monorchio ha di fatto dichiarato lo stato di emergenza. Infatti la soluzione di aumentare le tasse per finanziare gli oneri pensionistici non é praticabile. Sono già troppo alte. Un ulteriore aumento provocherebbe il collasso dell'economia reale e del gettito fiscale stesso. Il punto è che senza cambiamenti il pensionato sarà più povero e a rischio. Lo sarà anche chi lavora perché resterà supertassato o disoccupato a causa dell'insostenibile carico fiscale sull'economia reale, e in più senza pensione nel futuro. Le due generazioni, vecchi e giovani, si trovano nello stesso problema: dentro un sistema che li impoverisce. E dovrebbero allearsi per cambiare le cose. Vediamo una possibile strategia in due fasi: (a) la prima di tamponamento per coprire il buco attuale e garantire le risorse ai più anziani; (b) la seconda finalizzata a rendere efficiente e sostenibile nel futuro il sistema previdenziale e pensionistico.

A) Per tamponare immediatamente il buco attuale c'é una sola soluzione. Ridurre nei prossimi anni il numero di cittadini che diventeranno pensionati. Questo significa portare più avanti i limiti di pensionamento ed abolire i prepensionamenti privilegiati. E' ovvio che se uno può andare in pensione a 50 anni, mentre é ancora in grado di lavorare, toglierà due volte risorse a chi é più anziano: meno contributi ed un piatto in più sulla tavola dove la minestra non aumenta. In sintesi, l'età standard di pensionamento per tutti dovrebbe essere di 65 anni (poi estendibile a 67 ed eventualmente a 70 ed oltre per alcune categorie quando gli studi medici ne confermeranno la fattibilità fsiopsicologica come sta accadendo in altri paesi). Ovviamente ci dovranno essere eccezioni a favore di chi é malato o occupato in lavori molto dipendenti dall'età. Ma dovranno essere eccezioni limitate e molto ben argomentate. Se si fa così il prima possibile, allora il sistema pensionistico attuale diventerà nuovamente sostenibile in quanto per un certo periodo saranno minori le richieste di nuovi pensionamenti. Per quasi un decennio chi ha oggi 65 anni potrà avere pensioni certe e gli adeguamenti di queste all'aumento del costo della vita, calcolando un'inflazione media del 2,5% all'anno (speriamo). Non c'é altra soluzione e va capito senza troppe chiacchiere. E le sinistre che si oppongono vanno incalzate. E se un sessantanne sostiene le sinistre vuol dire che é un suicida. Diteglielo.

B) Preso tempo con la misura detta sopra, c'é poi parallelamente il problema di fare la vera riforma del sistema complessivo. Questo é andato in tilt non solo per per gli sprechi assistenziali, ma anche per il fatto che i soldi dei contributi dati all'Inps non sono stati messi a remunerazione. Per esempio, i fondi pensionistici privati americani ed inglesi hanno aumentato dal 1985, mediamente, di circa il 10% all'anno il monte di capitale messo a riserva per la vecchiaia. L'italiano che ha dato all'Inps gli stessi soldi non ha avuto tale aumento del volume complessivo ed in più rischia di vedersi ridotta la pensione. L'italiano é stato derubato e condannato all'incertezza. In sintesi, il sistema statalizzato, oltre che insostenibile per la malgestione passata, é del tutto inefficiente in termini di gestione remunerativa del capitale ad esso affidato dal risparmiatore. Poiché in tutto il mondo avanzato sempre più le pensioni sono affidate a fondi specializzati (sottoposti a controlli specifici di garanzia) non si capisce perché in Italia non si possa progressivamente passare a questa formula. Per esempio, avere entro il 2010 il 70% dei risparmi pensionistici dati ad un fondo privato ed il 30% alla gestione statale, la seconda finalizzata comunque a finanziare un sistema di pensioni minime da integrare con quelle ricavate dal fondo oppure le pensioni sociali di solidarietà. Tale formula, fattibilissima passo dopo passo in dieci anni, risolverebbe il problema di sostenibilità e consistenza dei redditi pensionistici del futuro (oltre a liberare una masse maggiore di capitale per gli investimenti produttivi).

Combinando queste due fasi si risolve il problema degli anziani di oggi e di quelli di domani. Tecnicamente è fattibile. Vanno aggiunti due fattori ulteriori. I giovani lavoratori che ora mancano in Italia (immigrati integrati in forma efficiente, nella misura di circa 80mila all'anno) per aumentare immediatamente la base contributiva ed il gettito fiscale. Parallelamente bisogna deregolamentatare il mercato del lavoro per aumentare le opportunità occupazionali sia a favore dei giovani che dei cinquantenni. L'unico problema é che chi sa e vuole risolvere bene il problema é all'opposizione, chi non vuole né sa farlo sta al governo. L'alleanza generazionale tra giovani ed anziani, per prima cosa, dovrebbe rovesciare questo paradossale stato di cose. L'unica cosa che andrebbe veramente rottamata.

(c) 1998 Carlo Pelanda
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