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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 1997-12-12il Giornale

1997-12-12

12/12/1997

Novantotto

Le conseguenze del 68 sono al governo, ma comincia il 98. Popolo produttivo in movimento. Da Modena i trattori gommano su Roma. In Veneto tengono il presidio di resistenza. La croce - simbolo del riscatto per chi é sfruttato- nuovamente e finalmente benedice allevatori e contadini dopo una breve commistione politica (elezioni del 96) con chi li affama. Anche la bellissima ed usurpata simbologia dell' ulivo torna finalmente in mani legittime: chi produce veramente le olive protesta contro uno Stato ulivista che impedisce di continuare a farlo. L'Ulivo é scomparso dalla bandiera della sinistra e vi resta solo l'apostrofo rosso, il travestimento svelato. Gli artigiani sono in furiosa mobilitazione. I commercianti sono molle pronte a scattare di furia. In generale, la gente dell'Iva é diventata popolo dell'ira. La sacrosanta rabbia dell'onesto e laborioso contro lo statalismo predatorio.

Qual é la strategia del governo? Deve fare soldi spremendo gli italiani. Per mantenere il consenso politico attua un trattamento differenziale nei confronti delle categorie dei lavoratori. Ferrovieri, dipendenti pubblici varii - in generale le categorie protette- hanno portato a casa vantaggi dalla nuova finanziaria. Altri, artigiani ed autonomi solo svantaggi, ormai oltre il limite del soffocamento fiscale con l'aggiunta del furto dei loro denari previdenziali a rischio di incorporamento dell'Inps, buco rosso dove tutto sparisce. I commercianti, poi, sono presi in tenaglia sia dalle tasse sia da una politica che massacra i consumi. Di fatto il governo ha premiato le categorie dove é più denso il voto di sinistra e punito quelle dove é maggioritario il popolo delle libertà. Ma questo é anche un messaggio dissuasivo. Vuol dire: le categorie che prometteranno sostegno politico potranno sperare di ridurre i danni o avere mezzo contentino. E per questo agisce in modo tale da dividere il campo della protesta.

Ho provato a fare un rapido calcolo. Può il governo trovare misure che soddisfino almeno in parte le diverse categorie del popolo produttivo che stanno protestando. La risposta é no. Può solo limare qualche misura per soddisfare una categoria specifica in modo tale da rompere l'eventuale fronte rivoluzionario. Fate anche voi i conti ed otterrete il seguente risultato. Per dare ad ogni categoria produttiva la possibilità di migliorare le proprie condizioni oppure di evitare danni fatali, il governo dovrebbe fare quattro cose: (a) meno tasse, più o meno la metà di quelle attuali per le imprese, il che significa ridurre spesa pubblica e la protezione speciale dei lavoratori garantiti che, per lo più, votano a sinistra; (b) più libertà auto-organizzativa sia per le categorie che per i singoli operatori individuali; (c) stile di governo più flessibile come capacità di differenziare le leggi in base alla natura specifica della situazione che si vuole regolare; (d) revisione dei regolamenti europei per adattarli alle esigenze dei produttori italiani. L'attuale governo non é in grado di fare queste azioni in quanto implicherebbero l'abbandono della rappresentanza degli interessi del popolo assistito ed un coflitto totale con i sindacati. Inoltre, questo é un governo che non ha credibilità e volontà per rinegoziare alcunché del regime europeo. In sintesi, le singole categorie produttive non possono trovare alcuna soddisfazione da questo governo. O lo buttano giù o tornano a casa a mani vuote.

Certo, il governo é interessato a calmare le acque perché sa che di fronte ad una mobilitazione generale dei produttivi non resisterebbe un secondo al potere. Quindi, sicuramente, cercherà di soddisfare parzialmente le richieste di una o due categorie per rompere il fronte e farà promesse alle altre in attesa che si stanchino e tornino a casa. Chi guida la protesta di ogni categoria ha due scelte: (1) o tira la mobilitazione sperando di essere quella che becca soddisfazione, differenziandosi dalle altre; (2) capisce che il governo ha un limite assoluto nel poter soddisfare i produttivi e tira la mobilitazione con la finalità di buttar giù governo stesso e sistema.

So che é una decisione non facile per i singoli gruppi. La seconda opzione esce dal mandato di rappresentanza degli interessi tecnici degli associati di categoria. Ma, ripeto, la situazione é tale per cui o si decide così o non si porta a casa niente. E il problema generale per tutti gli italiani é che se chi produce ricchezza é impedito nel farlo, allora tutto il Paese va a rischio. E' proprio l'eccezionalità della situazione di un governo che uccide sistematicamente la creazione della ricchezza che impone una scelta fuori dall'ordinario ai diversi gruppi del popolo produttivo. E va aggiunto che i partiti che dovrebbero rappresentare in forma politica gli interessi produttivi stanno fermi, chi perso in onanismi, chi in giochini di vertice, chi sfiancato. Le categorie devono fare anche il lavoro che la politica non sta facendo. Per questo non é affatto poesia della rivoluzione chiedere alle categorie in mobilitazione (e alle altre, tipo gli industriali) di unirsi per ottenere un obiettivo politico comune, quello detto sopra, nei quattro punti. Se così, allora sarà 98, ma questa volta blu.

(c) 1997 Carlo Pelanda
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