E' utile approfondire la questione del recente test nucleare (e missilistico) in India. Sembra evento remoto e circoscritto. In realtà il rischio di guerre nucleari regionali nell'area asiatica ha conseguenze globali e, quindi, tocca anche noi da vicino.
Qualora avvenissero subiremmo sia un impatto ecologico sia un (forse perfino più devastante) danno economico. In un'economia globalizzata dove tutto é in contatto con tutto appare plausibile che uno scambio nucleare tra India e Pakistan, oppure tra la prima e la Cina, scasserebbe i pilastri fiduciari su cui si regge il sistema finanziario mondiale. E ciò potrebbe creare un effetto domino recessivo in tutto il pianeta. Sarebbe il caso peggiore e la sua probabilità é ancora bassa, per fortuna, pur essendo aumentata per il modo aggressivo con cui l'India ha voluto comunicare il suo essere potenza nucleare. Ma anche il solo aumento del rischio che ciò possa verificarsi può da solo indurre distorsioni pericolose. E questa nuova realtà impone una politica di stabilizzazione preventiva dell'Asia. Impone anche la formazione di un'opinione pubblica italiana in materia. Cerco il punto essenziale per stimolarla preliminarmente.
Il test nucleare e missilistico indiano è certamente stato inquietante. Ma a mio avviso è più preoccupante il modo con cui ha risposto Washington: minaccia di sanzioni economiche. La reazione appare frettolosa e nervosa. Tra l'altro sorprendente anche perché é da tempo in agenda una visita di Clinton a new Dehli. Il nuovo leader nazionalista indù al potere ha un programma politico di neo-autarchismo economico e qualche embargo gli farebbe solo piacere visto che non rappresenta gli interessi della ricca borghesia anglofona, ma quelli degli affamati e fondamentalisti. In generale, o si minaccia sul serio una bastonata o si sta zitti (come più intelligentemente ha fatto la Cina) e si prende tempo per vedere come imbrigliare la nuova fonte di rischio. La preoccupazione é che l'unica potenza capace di attuare una regolazione mondiale antiproliferativa non sembra più in grado di svolgere questa missione. E, inoltre, lo mostra a tutti reagendo con stizza, quindi, con debolezza. Qui il problema, più che l'India di per se, é l'evidente difficoltà degli Stati Uniti a continuare il loro lavoro (svolto per altro egregiamente finora) di stabilizzatori mondiali sul piano della sicurezza. E ci sono sintomi, inoltre, che questa missione di stabilizzazione stia facendo acqua anche sull'altrettanto importante - e riverberante con quello della sicurezza- piano politico ed economico. E' vero che il Fondo monetario internazionale, di cui l'America é il pilastro principale, ha agito con tempestività pompando più di un centinaio di miliardi di dollari per stabilizzare la crisi finanziaria asiatica. Ed é vero che Washington ha premuto, con successo, sulla Cina affinché questa evitasse di svalutare lo yuan, e sul Giappone affinché mettesse più ordine in casa, con minore successo.. Ma l'Indonesia é in preda ad una crisi sociale. La Cina stessa comincia ad avere problemi interni enormi nel passaggio tra la prima fase di sviluppo e la seconda. Le Filippine stanno mostrando una regressione politica neoperonista alimentata dalla povertà irrisolta. E tralascio i tenti altri casi perché noti. Mi sembra evidente che il sostegno delle economie asiatiche debba essere attuato con mezzi sia più estesi che raffinati.
E questa considerazione ci porta al punto essenziale: gli Stati Uniti non possono andare avanti da soli a stabilizzare un mondo che si sta ingrandendo oltre la sua forza regolativa singola, sia sul piano della sicurezza che di quello economico. E qui entriamo in gioco noi. In Italia abbiamo importato sicurezza a basso costo per cinquanta anni. Lo stesso é successo all'Europa coperta dall'ombrello americano. Ma ora i nostri stessi interessi di sicurezza e di sviluppo ci costringono ad esportare più sicurezza e stabilità economica, compensando quella che manca alla capacità americana.
Come? Qui mi interessa principalmente stimolare il dibattito nazionale affinché gli italiani si sentano responsabilizzati ed esprimano un'opinione pubblica che spinga il governo ad essere soggetto attivo nella costruzione del nuovo ordine mondiale (sia come parte del G8 che dell'UE). Personalmente, ritengo che sia necessario accelerare la formazione di un sistema integrato atlantico, sia sul piano economico che militare, capace di avere la massa critica necessaria per regolare i fenomeni planetari. Europei ed americani, in teoria, se insieme hanno la forza necessaria per fare questo. Esempi: distanziare di un "secolo-tecnologia" i paesi emergenti per ottenere una superiorità militare tale da impedire loro di farsi la guerra l'un l'altro (bastone); creare un fondo finanziario di maggiore entità per sostenere le economie emergenti (carota); avere una massa geopolitica di scala tale da forzare i giganti emergenti (tipo Cina e India) a farsi cooptare nel - e seguire le regole del- club occidentale (mix bastone-carota). Per me questo approccio é la fonte del nuovo ordine mondiale, da farsi in fretta. Dite anche la vostra. E' solo certo che tutti noi dobbiamo imparare a pensare che l'Europa, appena fatto il suo primo passo di integrazione interna, nel bene e nel male, deve immediatamente andare oltre se stessa. E così l'Italia.