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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 1997-3-14il Giornale

1997-3-14

14/3/1997

TRANSITURI TE SALUTANT

Il problema è che i Paesi in transizione dal comunismo alla democrazia sono stati lasciati letteralmente soli dall'Occidente. Alcuni, come per esempio Cekia, Polonia Ungheria, Slovenia, hanno potuto contare su una una certa modernità civile ed economica dovute sia alle strutture storiche preesistenti all'occupazione sovietica sia ad una contiguità territoriale con l'area europea occidentale e relativi benefici. Pur con enormi problemi questi ce la stanno facendo. Ma per tutti gli altri é inferno. C'é da dire che in Slovacchia, Croazia é in realtà purgatorio. Che i Paesi baltici - Estonia, Lettonia e Lituania- pur essendo ancora in purgatorio stanno portandosi faticosamente verso l'uscita, per altro lontana. Ma dal purgatorio basta un passo per precipitare nell'inferno in Romania, Bulgaria, Serbia-Montenegro, Macedonia, Moldavia, Bielorussia e Ucraina. E' inferno dove tutto é già bruciato in Georgia e Cecenia. E' un inferno dove tutto potrebbe bruciare presto in Russia, i lupi a 80 Km da Mosca, mafia e caos sociale dappertutto, 300mila nuovi ricchissimi al prezzo di 150 milioni di nuovi poverissimi. In Albania l'inferno é rovente.

Eppure tutti questi hanno pensato che la transizione dal comunismo al capitalismo democratico li portasse velocemente al paradiso. Chi ha sbagliato di più, loro o noi (Occidente in generale, europei in particolare)? Noi. Non abbiamo voluto o saputo dare loro un'architettura di stabilità e sviluppo che li aiutasse nella transizione. Di fatto li abbiamo lasciati soli e, dove siamo intervenuti, abbiamo creato un disastro. E dove c'era da intervenire non lo abbiamo fatto trasformando in catastrofe il disastro in atto. Esempi? Nella ex Jugoslavia, dal 1991 al 1995, il conflitto é stato amplificato dal dilettantismo degli europei e dalle indecisioni degli americani. Non era un caso facile. Ma, pur considerando questo, quei morti li abbiamo sulla coscienza noi, europei ed americani. Sul piano economico, poi, ci sarebbe perfino da ridere se non fosse tragico. Nei Paesi dell'est non c'era praticamente nessuno, agli inizi degli anni 90, che capisse qualcosa dell'economia capitalista. Il capitale era zero. La cultura industriale e la modernità del territorio perfino sotto. E abbiamo lasciato che questi tentassero, ed in alcuni casi perfino imposto, riforme di liberismo estremo che neanche negli Stati Uniti si possono fare. Non sono così irrealista da dire che tutto é stato fatto assolutamente male o che tutta la colpa é nostra. Ma é realismo definire almeno tre punti: (a) questi Paesi non erano e non sono ancora in grado di darsi da soli né sicurezza né sviluppo; (b) chi ha in mano le leve per dare sicurezza e sviluppo siamo noi, intesi come alleanza occidentale; (c) abbiamo quindi una responsabilità oggettiva sul piano politico. Non sono un "moralista". Il punto é che quello che non abbiamo pagato nel passato per aiutare questi Paesi lo pagheremo nel futuro come costo della loro instabilità sia economica che sociale. Inoltre stiamo sopportando un grande "costo opportunità". Per gli europei lo sviluppo veloce e sano dei mercati dell'est non solo sarebbe una manna esportativa, ma una assoluta necessità per dare nuovo mercato alle nostre asfittiche economie. Ma i transituri sono morituri. E' vero che ci sono 5.000 imprese italiane in Romania, ma lì non ci sono i soldi per fare le 5.000 strade (pur muovendosi qualcosa) che servirebbero e che darebbero mercato alle imprese italiane di costruzioni.

E' ora di metterci una pezza. Il caso dell'Albania é l'esempio più vicino a noi che non si può passare dal comunismo più bieco (tra l'altro organizzato come diverse tribù dedite ai commerci illegali) al capitalismo democratico senza una fase intermedia sostenuta da un impegno da parte della comunità occidentale a fornire i capitali, conoscenze e le tecnostrutture necessarie. Non é che non si sia fatto niente. Ma non si é capito il quanto, come, cosa e quando fosse necessario per ottenere il risultato. E questo errore é stato fatto dappertutto nell'est. Infatti tutti i Paesi transituri hanno fatto un'inversione ad U ed il consenso é tornato ai vecchi comunisti perché i nuovi politici hanno fallito: Polonia e Ungheria sono casi di inversione, per fortuna moderata. Ma deve essere un alezione per il futuro. Per esempio, i bulgari che stanno buttando solo adesso giù i comunisti o i serbi che stanno assediando Milosevic che cosa daranno dopo a chi ha sperato nel liberismo e nella democrazia? Se non gli aiutiamo, e nel modo giusto, proprio nulla o troppo poco come é successo perfino ai tedeschi dell'est ora disoccupati e pentiti, e di nuovo socialisti. Possiamo accettare che i transituri abbiano un destino di morituri o come più poveri o come vittime di guerre civili o come ritorno al fallimentare statosocialismo? No, né per etica né per pratica.

Il caso dell'Albania riguarda quello più generale di creare un "pacchetto di transizione" per i Paesi dell'est sostenuto da tutto l'Occidente, concepito finalmente in modo adeguato per scala e modalità di capitalizzazione, ricostruzione sociale e sostegni di sicurezza. Che l'opinione pubblica italiana diventi consapevole delle responsabilità della nostra nazione: dia un segnale di indignazione ed emergenza ai governi dell'Alleanza. L'inerzia dell'Occidente sta trasformando la grande vittoria storica sul comunismo in una sconfitta della civiltà. E poi questo ricadrà su casa nostra se non lo capiamo adesso.

(c) 1997 Carlo Pelanda
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