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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 1997-5-25il Giornale

1997-5-25

25/5/1997

Il verde e il blu

Verona, domenica, ore 10.15. Seggio leghista di Piazza Erbe. Do un documento, ricevo una scheda: vuoi una Padania indipendente, sovrana e federale? "No". Se la domanda fosse stata "vuoi l'autogoverno delle venezie che lasci moneta, esteri e difesa ad uno Stato centrale organizzato per concedere la più ampia autonomia ai suoi territori ?", allora la risposta sarebbe stata un bel "sì". E avrei aiutato a favore del "sì" l'eventuale campagna in Sicilia, come altrove, se qualcuno avesse posto la domanda in questo modo.

La forma dello Stato che serve nella nuova economia globale é una che permetta ad ogni territorio sub-nazionale di trasformarsi in "comunità competitiva" grazie alla possibilità di autogovernarsi pienamente. Il criterio é comprensibilissimo: un solo modello omogeneo di Stato non permette ai singoli territori di aumentare la loro concorrenzialità economica. E' proprio la maggiore competizione emergente tra territori per attrarre il capitale, sempre più libero di fare scelte globali, che impone la "riforma di flessibilità" ai vecchi Stati nazionali. E non bastano né "decentramento" né tantomeno "federalismi" che non implichino il vero e proprio autogoverno dei luoghi. Gli Stati che non faranno così diventeranno più poveri. E l'Italia ha la fortuna storica di avere una grande varietà storica che é base per altrettante comunità competitive. Ma l'Italia politica dominata da comunisti e statalisti queste cose neanche le capisce. Manda il Paese fuori dalla storia e dalla ragione. E' ovvio che una difesa così arretrata e stolida favorisca una controreazione simmetrica per irrealismo e offuscata dall'esasperazione. Il risultato é che il popolo produttivo si trova schiacciato tra comunismo e secessionismo, ambedue soluzioni che non portano ricchezza, ma solo perdita di tempo e povertà. Per questo le "bandiere blu" del liberismo produttivo devono dire basta sia alle bandiere rosse che a quelle verdi. Ma mi rendo conto che combattere su due fronti è difficle.

Vorrei fare un tentativo per portare le bandiere verdi alla ragione, unirle a quelle blu, e insieme cancellare le rosse dal futuro del Paese. Il progetto é rifare l'Italia come unione di autogoverni locali fieri e liberi, per questo nuovamente competitiva e con la speranza di diventare grande per cultura e ricchezza nel mondo. Non ho titolo per rappresentare tale progetto. Ma vedo che se non ci pensano i blu a rappezzare l'Italia, nessuno sarà in grado di farlo o vorrà. Più Scalfaro parla di patria, più la gente ne vuole una nuova. A sinistra condannano la Lega, ma la blandiscono per farle dividere il popolo produttivo e così vincere le elezioni pur essendo minoranza. I partiti del Polo sono insabbiati, le voci di geniali riformatori come Tremonti restano inascoltate. Di fatto la Lega ha campo libero, i suoi bravi militanti ormai ubriachi di un mito negativo senza sbocchi razionali. E chi paga di più la situazione é il popolo produttivo, in cui i verdi stessi ed i blu sono accomunati. E a nome loro, in particolare di quelli del Nordest, Bossi, le dirò un paio di cose. Mi sa che debba farlo io, pur non avendone titolo, perché nessun altro le sta parlando come si dovrebbe fare con lei per riportare la Lega alla ragione: col bastone e la carota.

Bastone. Se lei, Bossi, va avanti con il secessionismo, allora i blu non la seguiranno. Avrà, probabilmente, buoni numeri, attorno, in media, al 30% in Lombardia, Veneto e Friuli. Ma senza i blu non ne otterrà di più e resterà piccolo. Se spera il contrario - cioé di reclutare sempre più blu esasperati dal fatto che nessuno offra una politica che ne soddisfi sentimenti e necessità- se lo scordi. Non ci crede? Bene, allora partiremo con il movimento dell'autogoverno delle venezie, con San Marco in alto a sinistra nella bandiera blu. Senza secessionismo, senza razzismo, senza stupidaggini neopagane, con chiari messaggi al mondo del capitale perché lo investa nella "libera comunità delle venezie", nell'orgoglio della tradizione di San Marco, ma con rispetto e senso di comunanza per tutti gli altri italiani, invitandoli a fare lo stesso, nei modi possibili a ciascuno. Ed il Nordest, in maggioranza, vuole l'autogoverno intelligente e non il secessionismo stupido. Fino a ieri non mi sarei mai sognato di pronunciare parole così "politiche" e mi preparavo solo a scrivere le parti tecniche del programma di autogoverno razionale per gli amici liberisti ed autonomisti che me lo chiedevano. Ma in quel gazebo bianco mi sono accorto che la situazione può sfuggire di mano. Ed allora sono disposto a fare un mestiere che non é il mio perché nessun altro lo sta facendo con la dovuta forza. Se io e, soprattutto, i miei pari ci diamo da fare, caro Bossi, lei é kaputt. E glielo dico da duro a duro, diritto negli occhi.

Carota. Ma se la Lega non aiuta, saremo troppo pochi anche noi. Qual é il business? Unisca le bandiere verdi al servizio dell'autogoverno razionale, non secessionista, di tutte le terre d'Italia che lo vogliono. Rinunci al razzismo ed all'inutile indipendentismo. Se farà così, la Lega sarà riconosciuta avanguardia del liberismo federalista, come lo fu veramente fino al convegno di Assago nel 1993. E, per quanto riguarda il Nordest, una Lega finalmente seria e consistente sarà parte vitale di un nuovo movimento politico regionale che poi si confedererà con gli altri movimenti liberisti del Paese. I suoi stessi militanti si meritano questo e non la volgarità del camicismo verde che li farà additare come traditori del buon senso e, alla fine, ne provocherà la sconfitta morale e politica

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