Aggiorniamo lo scenario economico dopo la decisione dell’autorità monetaria statunitense (Fed) di ridurre dello 0,50% i tassi monetari di riferimento (Fed Funds), portandoli al 4,50%. Come noto, il “tormentone” riguarda l’entità ed i tempi del rallentamento dell’economia interna statunitense in relazione – qui il punto più importante – alle prospettive di un rimbalzo futuro. La materia è seguita da tutti perché gli andamenti americani influenzano la salute economica del resto del pianeta. Certamente i più ansiosi ed interessati sono i risparmiatori che hanno visto negli ultimi mesi ridursi il valore del loro portafoglio di titoli azionari di parecchi punti, in alcuni settori di investimento perfino del 50%. E si chiedono quando finirà il brutto momento. Cercherò di connettere lo scenario generale alla risposta a questa specifica domanda.
Quale significato dobbiamo attribuire ad una mossa di riduzione dei tassi fatta al di fuori dell’agenda istituzionale e, per questo, a sorpresa? Evidentemente l’economia statunitense è in caduta superiore alle attese e ciò impone un’accelerazione della manovra di politica monetaria per stimolarne il rimbalzo. Qual è il punto più preoccupante che ha visto la Fed nei dati? Gli investimenti in nuove attività da parte delle industrie e dei fondi finanziari sono andati a picco. In una misura non giustificabile solo da valutazioni tecniche. Per esempio, le aziende riducono il magazzino in previsione di un prossimo futuro con meno domanda. Molte si sono trovate con scorte sproporzionate e devono consumarle prima di ricostruirle. Nel settore tecnologico, poi, si è aggiunta la crisi della Net Economy (il 90% circa delle aziende Internet esistenti alla fine del 1999 ha chiuso o è in grandi difficoltà) che sta tagliando i volumi ed i profitti dei fornitori dei sistemi tecnici per tale settore (la cui domanda globale, tuttavia, si prospetta sostenuta). In parte, tale contrazione dei volumi e dei nuovi investimenti è basata su un fatto necessario: bisogna ridimensionare le attività aziendali ad un trend economico meno vivace. D’altra parte, il riaggiustamento appare troppo pessimistico, soprattutto sul piano delle proiezioni future. Lo stesso fenomeno lo si osserva nel mondo degli investitori finanziari. Le banche americane stanno restringendo il credito perché timorose che il momento brutto non sia passato. I fondi finanziari, soprattutto quelli di Venture Capital (capitale di rischio che finanzia un’idea imprenditoriale), si sono messi in attesa. In sintesi, il mercato è caduto in aspettative più pessimistiche di quelle che la realtà tecnica giustificherebbe. E ciò è principalmente dovuto alla caduta della Borsa ed alla sensazione diffusa, nelle settimane scorse, che il rialzo fosse troppo lontano e incerto. Quindi la Fed è dovuta intervenire fuori dagli schemi per ricostruire la fiducia sul fatto che nel prossimo futuro le cose andranno meglio.
Qual è, nella psicologia molto semplificata del mercato, il segnale più importante? Che le Borse ricomincino a crescere, scontando in anticipo un futuro più roseo e, grazie a questo, contribuendo a realizzarlo nei fatti. Tale percezione, se consolidata, è il fattore principale che rimette in moto il ciclo degli investimenti. La tempistica della Fed appare tarata proprio sul requisito di far ripartire i mercati azionari. Ciò non verrà mai ammesso dall’autorità monetaria perché la sua missione dichiarata di regolazione di un sistema economico deve risultare indifferente agli andamenti borsistici. Ma, di fatto, l’analisi tecnica della mossa della Fed lascia intendere che abbia voluto governare verso il rialzo le attese borsistiche in America e, per l’effetto locomotiva, di tutto il mondo
Andiamo al punto. I mercati azionari hanno colto il segnale e si sono portati da un’attesa pessimistica verso una ottimistica. Può quindi il piccolo risparmiatore tornare in Borsa con una maggiore speranza di guadagni? Calma. Indirizzare le aspettative non significa poter invertire subito delle tendenze in atto. Deve ancora sfogarsi parte del trend di rallentamento in molti settori industriali e dei servizi. Altri hanno già ridimensionato in senso più realistico (un rapporto credibile tra quotazione e attesa dei profitti) i loro valori azionari e sono predisposti al rimbalzo. In una situazione così variata è richiesta una grande tecnicità per operare in Borsa senza rimetterci l’osso del collo. Infatti per alcuni mesi ancora la crescita azionaria non potrà essere omogenea, ma riguarderà qualcuno e altri titoli resteranno penalizzati. Gli andamenti degli indici resteranno esposti ad una grande volatilità. La raccomandazione è la seguente: pur nell’orientamento verso attese ottimistiche non è ancora il momento per scommettere su rialzi stabili ed omogenei. Quindi deve restare la prudenza. Fino a quando? Stabilito che la prudenza debba essere una costante, si potrà rischiare un po’ di più solo verso la fine dell’anno, quando si sarà esaurito il riaggiustamento a seguito della contrazione economica globale e vi saranno i primi effetti concreti (non crescenti solo le aspettative ottimistiche, ma anche i numeri reali) della manovra stimolativa avviata qualche giorno fa dalla Fed.