Verona, domenica, ore 10.15. Seggio leghista di Piazza Erbe. Do un documento, ricevo una scheda: vuoi una Padania indipendente, sovrana e federale? "No". Se la domanda fosse stata "vuoi l'autogoverno delle venezie che lasci moneta, esteri e difesa ad uno Stato centrale organizzato per concedere la più ampia autonomia ai suoi territori ?", allora la risposta sarebbe stata un bel "sì".
La forma dello Stato che serve nella nuova economia globale è una che permetta ad ogni territorio sub-nazionale di trasformarsi in "comunità competitiva" grazie alla possibilità di autogovernarsi pienamente. Il criterio é comprensibilissimo: un solo modello omogeneo di Stato non permette ai singoli territori di aumentare la loro concorrenzialità economica. E' proprio la maggiore competizione emergente tra territori per attrarre il capitale, sempre più libero di fare scelte globali, che impone la "riforma di flessibilità" ai vecchi Stati nazionali. E non bastano né "decentramento" né tantomeno "federalismi" che non implichino il vero e proprio autogoverno dei luoghi. Gli Stati che non faranno così diventeranno più poveri. E l'Italia ha la fortuna di avere una grande varietà storica che é base per altrettante comunità competitive. Ma l'Italia politica dominata da comunisti e statalisti queste cose neanche le capisce. Manda il Paese fuori dalla storia e dalla ragione. E' ovvio che una difesa così arretrata e stolida favorisca una controreazione simmetrica per irrealismo e offuscata dall'esasperazione. Così la razionalità dell'autogoverno competitivo diventa solo sfogo emotivo irrazionale. Il risultato é che il popolo produttivo si trova schiacciato tra comunismo e secessionismo, ambedue soluzioni che non portano ricchezza, ma solo perdita di tempo e povertà. Per questo le "bandiere blu" del liberismo produttivo devono dire basta sia alle bandiere rosse che a quelle verdi. Ma combattere su due fronti é difficle.
Per questo va fatto un ultimo tentativo per portare le bandiere verdi alla ragione, unirle a quelle blu, e insieme cancellare le rosse dal futuro del Paese. Il progetto é rifare l'Italia come unione di autogoverni locali fieri e liberi, grazie a questi nuovamente competitiva e con la speranza di diventare grande per cultura e ricchezza nel mondo. Non ho titolo politico per rappresentare tale progetto. Ma vedo che se non ci penseranno i blu liberisti, dal basso verso l'alto, a rappezzare l'Italia, nessuno sarà in grado di farlo o vorrà. E a nome loro, in particolare di quelli del Nordest, Bossi, le dirò un paio di cose.
Rinunci al razzismo e ad un indipendentismo che é solo utile alle sue bramosie personali e non alla gente. Se farà così, la Lega sarà riconosciuta avanguardia del liberismo federalista, come lo fu veramente fino al convegno di Assago nel 1993. E, per quanto riguarda il Nordest, una Lega finalmente seria e consistente sarà parte vitale di un nuovo movimento politico regionale che poi si confedererà con gli altri movimenti liberisti del Paese. I suoi stessi militanti si meritano questo e non la volgarità del camicismo verde a seguito di un Duce pseudoceltico che li farà additare come traditori del buon senso e, alla fine, ne provocherà la sconfitta morale e politica. Probabilmente, Bossi, lei se ne farà un baffo di queste parole. Allora senta qualcosa di più secco. I blu liberisti non la seguiranno mai sulla strada della secessione e, senza di loro, lei non avrà mai i numeri sufficienti. In particolare, se i liberisti del Nordest, che vogliono l'autogoverno intelligente e non il secessionismo stupido, si accorgeranno che a causa del secondo non riescono a realizzare il primo, allora la Lega sarà considerata un soggetto che tradisce la libertà".