L’acuirsi della tempesta finanziaria, anche per la difficoltà che incontra il piano di salvataggio finanziario in America, mette le banche italiane a rischio di fallimento? Assolutamente no.Per due motivi: (a) la dottrina europea ed italiana della stabilità, pur informale, non ammette fallimenti di istituti bancari, grandi o piccoli che siano, ed impone a Stati e Banca centrale europea di salvarli direttamente o indirettamente; (b) le banche italiane, per lo meno quelle di dimensioni rilevanti, non sembrano avere perdite di bilancio superiori ai mezzi propri e quindi non sono in condizioni prefallimentari. Stabiliti questi punti, certo il primo e molto probabile il secondo, per quali motivi il mercato azionario ha trattato alcuni istituti come se fossero sull’orlo del baratro, Unicredit in particolare?
La Federal Reserve, in America, ha fatto un errore grave nel lasciar fallire la banca di investimento Lehman Brothers. Il mercato globale ha ricevuto il messaggio che un grande istituto può essere lasciato fallire. Inoltre ha visto la possibilità di un nuovo buco nei bilanci degli istituti finanziari equivalente a 600 miliardi di dollari di crediti erogati alla megabanca di investimento fallita e su cui pesa un grave rischio di insolvenza. Sul lato del sistema bancario globale, gli istituti hanno fatto mesi fa un loro proprio errore: non si sono ricapitalizzati in misura adeguata ai possibili problemi e quindi si sono trovati vulnerabili nella continuazione della crisi finanziaria, cioè di congelamento del credito. Le due cose messe insieme hanno creato incertezza sul fatto che il “prestatore di ultima istanza” intervenga per tutti, comunque e dovunque, combinata con la sensazione che molti istituti fossero ai margini della sostenibilità finanziaria. Infatti Wachowia, in America, e Fortis, in Europa, hanno dovuto essere salvate per evitare che la loro condizione vicino ai limiti si trasformasse in traiettoria di fallimento. Negli ultimi giorni i dubbi, poi confermati ieri, sulla conferma di un veloce piano di salvataggio che pulisse i bilanci delle banche americane e nel resto del mondo dai prodotti finanziari incerti, ha peggiorato ambedue le incertezze. In questo clima il mercato ha rilevato che Unicredit aveva comunicato due cose opposte: prima, che non aveva valori marciti nei suoi bilanci e poi che stava negoziando con un istituto statunitense la costruzione di una società dove collocare i prodotti finanziari illiquidi, bilanciati da altri meglio quotati, per ben un miliardo e mezzo di euro. Tale notizia ha fatto percepire al mercato, a ragione o torto, che Unicredit stesse nascondendo guai maggiori e ha bastonato l’istituto. L’incertezza di fondo sta colpendo le quotazioni di quegli istituti che non si sono ricapitalizzati a sufficienza o i cui manager sono sospettabili di opacità. Ma, nonostante la bastonata, il mercato non sta scontando il loro fallimento quindi restiamo calmi ed ottimisti.