Hollande ha dichiarato che la Francia non vuole continuare il negoziato per la creazione di un mercato euroamericano più integrato (Ttip) se l'America non modificherà le sue proposte troppo liberiste. Questa posizione non chiuderà il negoziato in corso tra Commissione europea e Stati Uniti, ma certamente lo rallenterà, rinviandolo a fine 2017 dopo le elezioni presidenziali in America e politiche in Francia e Germania. Da un lato, il rinvio era già scontato visto il calo temporaneo del consenso al riguardo del Ttip in ambedue i continenti. Dall’altro, la posizione di Hollande che impedisce una bozza tecnica dell'accordo prima del 2017 come i negoziatori e Obama speravano è un segnale geopolitico. Non si tratta solo di una mossa elettorale per togliere argomenti ai lepenisti e protezionisti, ma anche di un favore ai russi e ai cinesi che sono terrorizzati dalla formazione di un mercato euroamericano dal quale sarebbero esclusi. Inoltre, è impossibile che Parigi abbia preso tale posizione senza aver consultato Berlino. Pertanto l’azione di Hollande ha anche tolto Merkel dall'imbarazzo di divergere troppo dall'America e allo stesso tempo togliere la mina del Ttip dalla sua campagna elettorale e dalle relazioni con Pechino e Mosca. Pertanto sono in realtà Francia e Germania che hanno detto no a Obama. Scenario. Il rinvio non è una cattiva notizia perché fornisce più tempo per revisionare un trattato molto complicato che non è solo di libero scambio, ma che ha elementi di mercato unico la cui complessità è stata inizialmente sottostimata dal lato statunitense pressato dalla fretta di Obama di concludere un accordo epocale. Dall’altro, il contenuto geopolitico del Ttip, la fusione tra America ed Europa, ha perso momentum. L'Italia è la nazione che avrebbe più vantaggi in caso di formazione di un mercato euroamericano: più affari di qualsiasi altro, più garanzie di fatto per il suo enorme debito, ecc., e quindi sta subendo un danno potenziale dal rinvio e dall'incertezza delle prospettive del Ttip. Ma c’è anche un’opportunità: vista la posizione protezionista di Parigi e, nascostamente, di Berlino, Roma può sentirsi (geo)politicamente libera di predisporre un accordo economico bilaterale privilegiato con gli Stati Uniti. Se lo facesse insieme a Londra, qualsiasi nuovo presidente americano aprirebbe la porta a un’area europea, di fatto, del dollaro a cui parteciperebbero Polonia e parecchi altri. L’ipotesi andrebbe approfondita anche perché la finanza italiana avrebbe certamente vantaggi enormi nel fondersi con quella britannica e statunitense.