Il mercato borsistico ha voglia di “rally”, cioè di creare un’ondata rialzista dopo la caduta degli indici azionari mondiali nella seconda metà del 2000. Ma è prevedibile, per il 2001, un rimbalzo dell’economia di tale entità da sostenere una nuova esuberanza prolungata delle Borse? Questa domanda devono porsela, soprattutto, i piccoli investitori che sarebbero i più danneggiati da un tentativo di rimbalzo troppo “pompato” - come quello che è avvenuto la settimana scorsa – che poi ricadesse su se stesso per mancanza di basi. Vediamo lo scenario.
I dati sono molto incerti. Non è ancora chiaro se l’America andrà in recessione o solo in “rallentamento” nel primo semestre del 2001. Si pensa che nel secondo le cose miglioreranno, ma è difficile capire, ora, esattamente di quanto e con quanta solidità. Lo scenario europeo è ancora più confuso. Qualcuno profetizza che l’eurozona crescerà più dell’America. Ma tale idea sembra, francamente, balzana in quanto la crescita europea, nel 2000, è stata prodotta quasi esclusivamente dalle esportazioni, favorite dalla svalutazione dell’euro, e non dall’aumento dei consumi ed investimenti interni. Che, infatti, restano ancora piatti per motivi di loro soffocamento da parte di modelli politici fiscalmente pesanti e complessivamente non favorevoli allo sviluppo del mercato. Poiché è improbabile che in pochi mesi questi vincoli possano essere rimossi, sembra evidente che il calo della domanda americana comporterà una riduzione dell’export europeo e, quindi, della crescita complessiva dell’eurozona. I vagoni, cioè, non potranno andare più veloci della locomotiva.
Nella comparazione tra andamenti economici europei e statunitensi, bisogna tener conto di due dati costanti nell’ultimo decennio: (a) l’eurozona tende a crescere la metà dell’America in termini di Pil (l’Italia la metà della metà); (b) c’è uno scarto di circa otto mesi tra i cicli economici delle due aree. Ciò significa che se la tendenza recessiva è iniziata in molti settori dell’economia americana attorno al luglio del 2000 – epoca in cui il rialzo dei tassi a breve del dollaro l’ha frenata - allora a marzo l’Europa si troverà in “ciclo basso”. Questa notazione serve a spiegare meglio un dato rilasciato da molti organi di stampa sotto il titolo troppo frettoloso: la crescita europea sorpassa quella americana. Calma, è solo uno sfasamento del ciclo. Poi, purtroppo, toccherà a noi. E non sarebbe sano puntare sulle Borse europee pensando che andranno molto diversamente e meglio di quelle americane. Da una parte, va detto che si inizia a notare un certo disgelo nell’economia interna europea. Ma certamente non sarà sufficiente, nel breve e medio periodo, a rendere gli andamenti dell’eurozona anticiclici nei confronti dell’America da cui dipende. La controprova è che pochi giorni fa, in molte riunioni internazionali sullo stato dell’economia globale, tutti hanno chiesto agli europei di ridurre le tasse e, in generale, di riformare tutti quei pesi che rendono piatto l’euromercato interno. Proprio per tentare di aumentare la velocità della locomotiva europea in un periodo (dagli otto mesi ai due anni) in cui quella americana andrà piano e, quindi, assorbirà meno importazioni dal mercato mondiale. Che rischia di andare in crisi.
Chiarito questo punto, la previsione più ragionevole è che comunque la crescita dell’economia reale globale (da cui dipendono i profitti delle aziende quotate) nel 2001 non sarà di entità tale da reggere avventure rialziste esagerate nelle Borse. L’Europa non riuscirà a generare un boom anticlico nei confronti dell’America e ne seguirà, con qualche ritardo, i destini. Che, comunque, non sono catastrofici. Male che vada, è in effetti prevedibile un certo rimbalzo nel secondo semestre del 2001. Ma, attenzione, non è detto che questo riporti il Pil americano ad una crescita attorno al 5% (come nei quattro anni scorsi) e l’Europa - per traino - vicino al 3, in un battibaleno. Ci potrebbe essere una fase intermedia di semistagnazione che potrebbe durare fino a tutto il 2003. Qui non c’è spazio per approfondire, ma il riassestamento dopo quasi dieci anni di crescita continua in America implica un certo periodo di “desaturazione”. Pertanto sarebbe azzardato scontare in Borsa, troppo e troppo in anticipo, uno scenario positivo futuro che, pur avendo una buona probabilità di avverarsi, ha contorni e tempi ancora molto incerti.
Prudenza. Da raddoppiare proprio in questi giorni perché i grandi operatori del mercato finanziario hanno un disperato bisogno di “rally” sia per recuperare parte delle enormi perdite fatte nel 2000 (specialmente sui titoli tecnologici, quasi il 50% in meno) sia perché la psicologia della bolla è ancora rimasta in molti. Pensate che un operatore finanziario di 35 anni che abbia cominciato a lavorare a 26 non ha mai visto un mercato borsistico realmente calante. E non è escluso che molti sappiano reagire a tale situazione solo riproponendo bolle e bollicine, l’unica cosa di cui hanno esperienza, caricando oltre misura la positività degli scenari futuri. Ciò porta al rischio di un rally esagerato che, non sorretto dai numeri reali, poi comporti crolli peggiori. L’economia reale reggerà certamente una ripresa dei titoli azionari. Ma sarà moderata. E altrettanto moderati e prudenti è meglio siano i piccoli investitori.