Facciamo il punto sulla Nuova economia basta sulle tecnologie dell’informazione. Molti, frettolosamente, la ritengono morta a causa del crollo borsistico. Chi lo pensa sbaglia. Da una parte è vero che risente temporaneamente di una crisi di fiducia da parte degli investitori, dovuto allo sgonfiamento della bolla che ne aveva sopravvalutato ogni oltre misura i valori finanziari. Ma, dall’altra, i dati reali segnalano che l’economia Internet “reale” è più forte che mai. Vediamo.
Quali erano le promesse dell’economia Internet due anni fa? La più importante era quella di aumentare enormemente l’efficienza delle imprese. Si pensava che il commercio elettronico potesse tagliare i costi degli impianti fissi, logistici e di magazzino di un’impresa. Il mercato finanziario era balzato su questa prospettiva vedendola come succulenta opportunità speculativa. A tal punto da portarlo a distinguere, artificiosamente, tra “Vecchia economia”, che restava appesantita da operazioni lente e da costi “territoriali”, e “Nuova”, appunto, che non aveva tali vincoli. Investì masse di capitali su questo nuovo settore, fino al punto di generare un’ondata speculativa che poi uscì da ogni ragionevole schema di valutazione economica. Ora la bolla borsistica si è sgonfiata e ciò da l’impressione che la promessa della New Economy fosse infondata. Sensazione sbagliata.
I dati di economia reale mostrano che sia in America sia in Europa il settore Internet e suoi dintorni tecnologici hanno avuto, nel 2000, un incremento in termini di volume d’affari, di occupati e di profitti. Certo, nove aziende di e-commerce su dieci, negli Usa dove erano decollate per prime, è in difficoltà o ha chiuso. Perché hanno sbagliato il loro modello d’affari: non incassavano proventi e finanziavano lo sviluppo aziendale prelevando i denari dall’attesa di ulteriore crescita dei loro valori azionari. Quando la bolla finì, si prosciugò il rifornimento di capitale e fu una strage. Altri puntarono troppo sul successo immediato del commercio elettronico senza vederne i limiti di mercato e tecnici. Quando questi emersero fu un massacro. Ma mentre ciò succedeva nascevano migliaia di altre aziende operanti sulla rete, le imprese tradizionali cominciavano ad usare sempre di più le nuove tecnologie per migliorare l’efficienza dei loro processi produttivi. Aumentavano le connessioni sul piano globale e chi era già in rete imparava ad usarla meglio. In sintesi, mentre la bolla finanziaria del settore si sgonfiava e la prima generazione di aziende Internet moriva, la New Economy cresceva a gonfie vele e una seconda generazione di imprese - più cauta e concreta - cominciava a muovere i primi passi.
Questo perché la promessa iniziale delle nuove tecnologie era ed è sostanzialmente giusta, se applicata con saggezza e in tempi tali da permettere l’apprendimento di un modo nuovo di gestire i processi commerciali, logistici, produttivi. Ma la prima generazione di soggetti della New Economy, pur pionieri ai quali dobbiamo essere grati per il loro coraggio innovativo, ha agito in modo frettoloso. Cosa abbiamo imparato dai loro errori? Quattro lezioni fondamentali. Che lo spazio per aziende solo Internet, pur ampio, è limitato perché la rete è un ottimo veicolo commerciale per alcuni settori e non per tutti, privilegiati quelli dove l’informazione è la merce scambiata Che il vero valore aggiunto della tecnologia dell’informazione non è tanto quello di aprire un nuovo settore d’affari, ma consiste nella modernizzazione di tutto il sistema industriale e dei servizi. Processo che ha, ovviamente, dei tempi fisiologici di realizzazione: Internet è una rivoluzione “lunga” e non “breve”. Che l’attrattività della rete non sta negli accessi gratuiti, ma nella sua libertà e flessibilità di impieghi utili: quindi per stimolare le connessioni ed operazioni in rete non occorre offrire servizi gratis, suicidandosi, ma semplicemente “buoni servizi” ad un giusto prezzo. Infine - ma è inutile perché resterà inascoltata – che bisogna sempre diffidare delle crescite finanziarie basate su una moda.
La buona notizia è che tali lezioni – almeno le prime tre – sono state capite con grande velocità. In America, per esempio, nuovi investitori stanno comprando i cocci delle aziende Internet di prima generazione per usarli con metodi di seconda. E il settore riprenderà., a crescita più moderata, ma anche più sicura. Soprattutto mi aspetto notevoli guadagni di produttività (aumenti del valore di un ora di lavoro per addetto) dall’applicazione, pur lenta, delle nuove tecnologie informative nei settori industriali tradizionali. Oltre alla nascita di nuove imprese nell’area dei servizi. Ciò vuol dire più occupazione, possibilità di aumentare i salari senza incrementare i costi delle imprese e l’inflazione. Pur preoccupato per i dati che mostrano un’eccessiva lentezza modernizzante in Italia, è doveroso darvi l’informazione reale: la New Economy, di seconda generazione, c’è e sta mantenendo la sue promesse.