L’Ucraina non ha coerenza interna sufficiente per generare un progetto nazionale. Pertanto lo stato è vulnerabile alla frammentazione dovuta a due attrazioni esterne. Quella attiva prodotta dalla Russia impegnata nella riconquista dei territori russofoni dell’ex impero sovietico punta all’inclusione della parte orientale dell’Ucraina, la Crimea già annessa, contando sul consenso popolare della zona. Quella passiva prodotta dalla Ue implica la formazione di una Ucraina occidentale. Il punto: gli imperi americano, tedesco (Ue) e russo devono ora decidere se risolvere la questione ucraina creando due stati, assorbendoli nelle rispettive aree di influenza ed accettare l’idea di un confine diretto tra loro o se tenere una Ucraina integra affinché svolga il ruolo di stato cuscinetto tra gli imperi stessi. Al momento la strategia preferita da Mosca – solo tentativa per saggiare le controreazioni - appare quella di includere l’Ucraina orientale per poi costringere America e Germania ad accettare l’Ucraina dimezzata ed occidentale ad essere tale stato cuscinetto. L’America sta rispondendo affermando l’integrità dell’Ucraina, ma tenendo il dialogo bilaterale con la Russia. Washington ha l’interesse di mantenere un presidio nell’Europa orientale per contenere l’estensione dell’influenza di Berlino. Da un lato, l’impero americano e tedesco (Ue) sono in convergenza (Nato e TTIP) e ciò non rende destabilizzante l’ambiguità dei confini tra le due specifiche aree di influenza entro l’area europea. Dall’altro, la Germania sta accrescendo la propria presa sull’Europa e l’America vuole limitarla. Per tale scopo Washington deve farsi riconoscere dalla Russia come interlocutore principale per la risoluzione del caso ucraino. Mosca ha riconosciuto tale ruolo all’America, negandolo alla Germania in quanto preferisce avere come confinante la Nato e non il Reich. Inoltre non ha interesse ad essere declassata come potenza regionale, cosa inevitabile se accettasse la Germania come interlocutore privilegiato. Ha interesse, invece, a trovare una soluzione concordata con Washington per ottenere lo status di interlocutore globale. Ma l’America ha idee solo tattiche e non una strategia: congelamento della situazione. A Mosca potrebbe andare bene, ma resterebbe latente la frizione nell’area con alta probabilità di esiti destabilizzanti gravi. Quindi ci vuole una strategia di ri-convergenza tra America e Russia. Da un lato, questa avrebbe senso perché nel futuro Washington ha bisogno di Mosca per contenere la Cina e la Russia ha bisogno dell’America per non essere conquistata da Pechino. Dall’altro, ci vuole un periodo di transizione per passare dalla divergenza alla convergenza russo-americana. La rubrica suggerisce: (a) tratteggiare una futura inclusione della Russia nell’area di libero scambio euro-americana e conseguenti collaborazioni in cambio della rinuncia di Mosca a riespandersi ad ovest; (b) ipotizzare un sostegno per il presidio dell’Asia centrale a contenimento della Cina; (c) in vista della convergenza futura mantenere integra l’Ucraina facendole svolgere, prima, il ruolo di stato cuscinetto con l’aiuto economico di tutti, per poi renderla “caminetto” dove sperimentare la convergenza. Per i governi una tale strategia lunga che comporterebbe la stabilizzazione dell’Ucraina nel breve è ora indicibile. Per renderla dicibile i think tank universitari dovrebbero aiutare: il rubricante lo chiederà al Collegio docenti del Dottorato di ricerca in Geopolitica economica, che coordina, dell’Università Marconi, pregando gli istituti cugini di fare lo stesso.