Il 16 gennaio la Commissione europea ha avviato il cambiamento del sistema di calcolo dei Pil nazionali (ESA) ed indici connessi: entro il settembre 2014 il sistema ESA 95, ora in vigore, verrà sostituito dallo ESA 2010. La stampa italiana non specializzata ha riportato questa notizia – importante perché nella Ue tutto viene calcolato in base al Pil – un po’ in sordina anche per l’indecisione se trattarla come un trucco statistico per gonfiare i numeri economici o come roba seria. Si tratta di un adeguamento serio e dovuto. L’ESA 2010 fa riferimento allo SNA 2008 che sarà applicato nel futuro a livello globale e che è stato adottato dagli Stati Uniti nell’agosto 2013. Il punto principale riguarda il calcolo delle spese per ricerca e sviluppo. Finora venivano computate, secondo l’ESA 95, come costi, quindi in detrazione al Pil. D’ora in poi verranno trattate, correttamente, come investimenti. Così come la spesa per armamenti. Tali, ed altri, cambiamenti contabili comporteranno un aumento significativo del Pil per tutte le nazioni europee. Ma lo faranno in modo differenziato: chi spende di più in ricerca e per la produzione di armi avrà un incremento maggiore, gli altri di meno. Francia e Germania sono previsti aumentare il loro Pil tra il 2 ed il 3%. L’Italia tra l’1 e il 2%. Non male, ma tale dato ipotizzato dalla Commissione potrebbe essere a rischio. Quindi il tema di scenario è: potrà l’Italia consolidare un salvifico 2% in più del Pil e magari grattare ancora qualcosa? L’appuntamento per la decisiva battaglia statistica sarà nella conferenza del giugno 2014, in Lussemburgo, dedicata al raffinamento delle nuove regole contabili, ma la rubrica consiglia ai nostri guerrieri stocastici di mobilitare già ora. Sfortunatamente i valori legati ai diritti d’autore nel settore dell’arte, intrattenimento, ecc., dove l’Italia ha certa capacità di pompaggio, sono già inclusi nei calcoli ESA 95. Ma un ulteriore controllo di dettaglio sarebbe utile: l’America ha gonfiato il Pil di molti miliardi di dollari immettendo i diritti dei film e simili. In materia di ricerca e sviluppo bisognerebbe spostare e far emergere più risorse. La Commissione, infatti, stima un incremento medio del Pil europeo, grazie al nuovo metodo statistico, attorno allo 1,9% solo per questa voce. La rubrica valuta che l’Italia a malapena, a dati odierni, possa perla stessa voce spuntare un 1,1% aggiuntivo: troppo poco. Non si tratta di truccare, ma di far emergere la verità: parecchia spesa pubblica non classificata come ricerca e/o sviluppo viene in realtà usata per tali scopi e, soprattutto, le piccole aziende tendono a mettere in bilancio come costi attività, invece, di vera ricerca, rendendo le statistiche italiane – proprio per il volume di microimprese con bilancistica imprecisa – tra le più sballate d’Europa. Sarà utile rivedere in fretta questi dati. Ma la rubrica si aspetta molto dall’inserimento della spesa militare come forma di investimento nel calcolo del Pil. La Commissione prevede un contributo medio di questa voce all’aumento del Pil europeo di solo lo 0,1%. Ma questa media va calcolata tenendo in conto che poche nazioni europee sono produttrici di armi e che l’Italia è tra queste, in alto nella classifica. Pertanto uno 0,3% in più, almeno, lo si dovrebbe spuntare. Ma se ci si accorda con Francia e Regno Unito, altri grandi produttori, sui dettagli di cosa calcolare come spesa militare includibile, uno 0,5% è alla portata. In sintesi, l’obiettivo non è impossibile, ma bisogna formare uno “statbattle group” (motto: quo ascendam?) capace di raggiungerlo.