Due fatti rilevanti ed insoliti vanno spiegati esplicitando lo scenario di fondo che li ha generati: (a) la critica violentissima del Tesoro americano alla posizione di politica economica e monetaria della Germania; (b) la sorprendente determinazione con cui Draghi ha fatto svoltare la Bce verso una posizione espansiva contro quella della Bundesbank. In tutte le democrazie i governi non stanno riuscendo a fare riforme di efficienza per ostacoli di consenso. Il rientro da politiche monetarie espansive in situazioni di rigidità politica comporta un rischio elevatissimo di deflazione. La loro continuità comporta il rischio di inflazioni e/o distorsioni distruttive. Politiche deflazionistiche in presenza di rigida invarianza di modelli inefficienti, come nell’Eurozona, comporta impoverimenti certi e rapidi altrettanto distruttivi. Tale situazione aumenta la probabilità di crisi future nelle nazioni del capitalismo democratico e di cessione del potere globale a quelle del capitalismo autoritario dove il povero non vota e quindi non può opporsi all’efficienza. Inoltre, mentre le democrazie sono bloccate i regimi autoritari stanno raffinandosi. La nuova dirigenza cinese sta cercando di combinare l’autoritarismo, attraverso il quale generare più efficienza economica, con il consenso dovuto all’aumento dell’accesso di massa alla ricchezza. Comparativamente, il giapponese Abe, poiché non ha il consenso per modificare un modello economico consociativo inefficiente, ha preso il controllo della Banca centrale forzandola a politiche superinflazionistiche per togliere l’economia nazionale da una deflazione che dura dal 1992. Ma con poco successo e nubi cicloniche sul futuro. In sintesi, una democrazia trasferisce con disperazione alla politica monetaria la missione di uscire la crisi, esponendosi così ad esiti catastrofici. Un regime autoritario, invece, riesce a muovere la politica senza dover forzare troppo quella monetaria, creando la possibilità di più crescita reale. L’alta probabilità che la Cina imploda nel futuro perché il requisito di mantenimento del partito unico la rende vulnerabile nelle fasi di sostituzione periodica delle élite, non deve nascondere il fatto che le democrazie, pur con modello politico più stabile, stanno perdendo la gara della ricchezza. Come reagiranno? Usando la ri-nazionalizzazione dei cicli del capitale che è un tipico sostituto dell’efficienza economica, efficace nel breve termine, ma suicida nel medio-lungo. Infatti sta crescendo il rischio che l’impotenza delle democrazie porti alla dissoluzione del mercato internazionale con esiti di loro depressione economica e rafforzamento del capitalismo autoritario. Per invertire questa tendenza ora in atto ci sono due soluzioni combinate: (a) accelerazione di un mercato internazionale solo per democrazie allo scopo di ridurne la necessità di ricorrere alla ri-nazionalizzazione, operazione in corso come reticolo di accordi bilaterali di libero scambio spinti dall’America, ma ancora troppo lenta; (b) mantenimento di politiche monetarie inflazionistiche (controllate) e sincroniche nel perimetro di questo nuovo mercato senza tentare rientri disinflazionistici troppo duri per parecchi anni. Ciò servirà a creare risorse “esterne” alle democrazie incapaci di creare stimoli interni alla crescita, così ricapitalizzandole comunque nonostante la loro rigidità politica. La Germania non ha capito cosa c’è in gioco, ostacola la seconda soluzione e rallenta la prima, costringendo l’America e Draghi ad attaccarne frontalmente il provincialismo geopolitico e monetario. L’idea è di non lasciare che l’imbecillità politica tedesca getti l’occidente nella tragedia per la terza volta in un secolo.