Nello scacchiere coreano la novità di rilievo non è l’aggressività di Pyongyang, ma il fatto che Washington abbia dichiarato di ritenere credibile la minaccia. In occasioni precedenti la risposta americana e sudcoreana fu bonaria. Periodicamente, infatti, il regime nordista ha bisogno di azioni aggressive sia per mantenere il consenso, minato dalla scarsità di risorse alimentari, attraverso eccitazioni nazionaliste sia per mostrare che potrebbe sul serio creare guai. Ma è noto che non li vuole e che li minaccia solo per avere in cambio risorse e garanzie sulla continuità del regime stesso. Inoltre i militari del regime nordista amerebbero essere attaccati con azioni limitate, tipiche di un’escalation dissuasiva. Sarebbero sconfitti, ma avrebbero capacità per infliggere danni mostrabili in televisione e traducibili in vittoria. Inoltra la sconfitta non comporterebbe invasioni perché nessuno ha voglia di perdere tempo e risorse per invadere. Poi non è certo che bombardamenti massivi indebolirebbero il consenso al regime. Infine, una reazione americana troppo forte comporterebbe il rischio di un lancio nucleare contro la Corea del Sud, il Giappone e la base di Guam. Da un lato, questi missili balistici sono intercettabili. Dall’altro, non è garantito che lo siano al 100%. Pertanto che l’America questa volta non abbia intenzione di lasciare senza risposta la minaccia nordcoreana implica la decisione di correre un rischio non piccolo. Ma perché? Sono forse gli obiettivi nordcoreani più ambiziosi del solito e veramente bellici? Non sembra: la teatralità è più aggressiva, ma la sostanza solo dimostrativa appare la solita. Per esempio, Pyongyang ha tagliato il telefono rosso che la collega a Seul, ma altre linee secondarie continuano a funzionare. Forse il giovane Kim Jon-un è intrappolato dai militari, o comunque deve dimostrare loro di essere falco per legittimare la sua ancora incompleta successione, e ciò fa prevedere più pum pum del solito? Se ciò avvenisse senza risposta, il Giappone si inquieterebbe, l’economia della Corea del sud verrebbe destabilizzata e l’Amministrazione Obama sarebbe accusabile di grave e globalmente destabilizzante mollezza. Probabilmente per questo l’America si sta ingaggiando. Ma se è cos, bisogna valutare che i militari nordcoreani speravano di ottenere di più dagli enormi sforzi e costi fatti per diventare potenza nucleare. Pertanto non è escludibile che, se seriamente contrastati, tentino un lancio. L’informazione sulle vere capacità nordcoreane in materia non è certa. Ciò implica che Washington dovrà passare subito alla proiezione di massima potenza, saltando escalation intermedie, in caso, cioè annichilire tutte le capacità nucleari e missilistiche nordcoreane. E’ questo il messaggio dato con l’invio dei B2 ai nordcoreani? Probabile. Si adegueranno? La distruzione sarebbe massiva e non nascondibile e quindi i militari perderebbero la faccia ed il vantaggio di una minaccia credibile. Per logica, lo scenario più probabile è che la dissuasione americana funzioni. Inoltre per Pyongyang sarebbe più vantaggioso, in prospettiva, scambiare la continuità del regime con la disponibilità di puntare i missili nucleari su Pechino e non su Seul e America, motivo ipotetico per cui finora glieli hanno lasciati costruire. Ma forse proprio per questo qualche allievo di Sun Tsu sta eccitando i nordcoreani per farli andare oltre i limiti ed in direzione opposta. Scenario complicato perché riguarda i modi asiatici di fare strategia, più raffinati ed indiretti di quelli occidentali.