Nell’agenda Monti è abbozzata una strategia geopolitica per l’Italia che merita scenario: (a) consolidare la credibilità di Roma come soggetto primario europeo; (b) usare questa posizione per influenzare l’istituzionalizzazione comunitaria della Ue sostituendo quella intergovernativa corrente, cioè imbrigliare la diarchia di Francia e Germania entro regole comuni; (c) rinsaldare l’alleanza con l’America; (d) collocare Roma in una posizione primaria nel Mediterraneo. Il punto: l’enorme sforzo economico richiesto agli italiani in poco tempo per conquistare la credibilità (pareggio di bilancio, riduzione del debito e riforma competitiva del modello economico) sarebbe un investimento per ottenere questa migliore collocazione internazionale dell’Italia ed i conseguenti vantaggi (geo)economici. Tale idea è del tutto condivisibile, ma la sua fattibilità è viziata da due problemi. Per la ricostruzione piena della credibilità ci vorranno almeno 4 anni in cui l’Italia dovrà provare di poter conquistare sia ordine sia competitività, con politiche ad alto potenziale di dissenso sociale perché calibrate sulla priorità del rigore. La Francia difficilmente cederà sovranità ad una vera Europa integrata, preferendo il modello intergovernativo dove può meglio giocare il ruolo di diarca, considerando che, diversamente dall’Italia, la sua economia non può reggere un rigore accelerato. La Germania potrà aderire ad una vera Ue, ma solo alla condizione di esserne il leader sia per configurarla in sintonia con il consenso nazionale tedesco sia per utilizzarla come moltiplicatore della potenza nazionale. Tali condizioni, ovviamente, implicano opposizioni francesi e inglesi. In sintesi, la strategia Monti ha limiti di fattibilità. In particolare, la speranza che la maggiore credibilità dell’Italia sia condizione sufficiente per darle influenza è un evidente idealismo. Per questo motivo la rubrica ha finora preferito esplorare strategie intraeuropee più “confrontazionali” e con obiettivo una più realistica “Europa sufficiente” piuttosto che integrata. Ma ammette che avrebbero senso strategico per Roma se Londra e Washington volessero continuare il gioco di bilanciamento intraeuropeo. La novità è che queste non paiono nella possibilità di farlo pur volendolo. Inoltre, l’Eurozona in effetti richiede un’integrazione rafforzata o imploderà. In tal senso la strategia Monti, pur idealistica, incorpora il nuovo requisito realisitico di influenza per l’Italia: essere parte primaria dell’Eurozona. Pertanto conviene chiedersi come rendere più fattibile la strategia piuttosto che enfatizzarne i difetti. La rubrica suggerisce: (1) attutire l’impatto del riaggiustamento economico italiano forzando la svalutazione dell’euro; (2) creare una relazione bilaterale privilegiata con gli Stati Uniti che ricarichi l’Italia di forza geopolitica per convergere con la Germania senza diventarne ascara; (3) usare la convergenza italo-tedesca come motore di integrazione rafforzata dell’Eurozona e di ricerca della compatibilità tra questa e la Ue, dove Roma, con dietro Washington, si rende garante degli interessi di Londra, ma in cambio aiuta Berlino a superare le resistenze francesi all’integrazione. Ed all’America, in cambio dell’aiuto, offre una sponda per rompere l’asse Berlino-Pechino e apre il suo mercato per formare le prime industria della difesa e megabanca euroamericane. E a Berlino concede la leadership se questa accetta l’influenza di un’Italia, sostenuta dall’America, che si proietta, a compensazione, nel Mediterraneo. Se così, potrebbe funzionare.