Cosa potrebbero e dovrebbero fare le istituzioni europee e cosa le singole nazioni per uscire dalla crisi? Solo il porsi questa domanda è un atto di realismo. E’ irrealistico, infatti, pensare che si possa costruire una vera Confederazione europea in poco tempo e quindi caricare una mitica Europa della responsabilità di risolvere i problemi nazionali. Così come è irrealistico pensare che le nazioni aderenti all’euro possano gestire i loro problemi senza interventi di sostegno o adattativi da parte del complesso europeo, in particolare quelle con economia debole che soffrono l’adozione di una moneta forte e quelli con economia forte, ma con debito e/o deficit eccessivi endemici. Pertanto appare realistico raccomandare la formulazione di progetti nazionali di stabilizzazione e crescita, ciascuno differenziato per paese in base alle situazioni specifiche, che ricevano il consenso da parte di tutti i membri dell’Eurozona (il bollino blu) ed un conseguente adattamento, anche in deroga temporanea dagli standard vigenti, delle istituzioni europee. Il metodo dei “progetti nazionali bilanciati” trova base dottrinaria nella Teoria del bilanciamento delle sovranità (Pelanda e Savona, Sovranità & ricchezza, Sperling, 2001) per architetture internazionali che si formano non in base all’azione imperiale di una nazione, ma come integrazione consensuale. Questa teoria, semplificando, inquadra i trasferimenti di sovranità come un viaggio di andata e ritorno: (a) una nazione cede sovranità all’agente europeo; (b) questo gliela ritorna in forma di flessibilità compatibile con il sistema complessivo. Alla fine la nazione non soffre del cedimento di sovranità perché ne detiene una di nuovo tipo per soddisfare le proprie esigenze interne compatibilmente con gli obblighi sovranazionali, cioè una “sovranità bilanciata”. Tale formula, e non quella sempliciotta della Confederazione europea, è la chiave per trasformare l’area monetaria continentale da sub-ottimale (per mancanza di patrimonio politico) ad ottimale. Il punto: l’unità di analisi delle relazioni e dell’economia internazionali è la nazione; per comporre nazioni non si può togliere loro sovranità e flessibilità di manovra; come non si può lasciarle libere di derogare troppo da standard comuni; quindi il solo progettare una organizzazione internazionale implica l’applicazione del principio di sovranità bilanciata. Per esempio, il Wto ha un disegno vagamente vicino a quanto detto, ma Ue ed Eurozona no e questa è la causa sistemica degli euroguai. Per risolverli si potrebbe valutare il seguente modello derivato dal principio di sovranità bilanciata: (1) inserire nei trattati il diritto di ogni euronazione di aderire agli standard dell’Eurozona in tempi e modi specifici concordati e non rigidi; (2) ogni Stato prepara un progetto nazionale, lo concorda a livello europeo, e poi lo fa approvare naziionalmente; (3) l’atto concordatario tra nazione e complesso europeo ammette deroghe temporanee o creazione di istituti specifici di sostegno; (4) una deroga per una nazione non crea un diritto per un’altra ad ottenerla, salvo un controllo sull’impatto concorrenziale che deve restare entro limiti; (5) l’esecuzione del progetto nazionale viene controllato periodicamente da un agente europeo con poteri di intervento correttivo. Questo modello non implica modifiche dei trattati esistenti, ma solo loro integrazioni. Se applicato, permettendo ad ogni nazione la flessibilità per trovare i suoi tempi e modi per aderire agli eurostandard, entro il 2025 potremmo avere un’area monetaria ottimale, tale previsione positiva scontata dal mercato molto prima.