L’Europa ha bisogno di un nuovo modello che costituisca il patrimonio politico capace di sostenere l’euro. I think tank ed il governo tedeschi sono più avanti degli altri in questa ricerca, ma a modo loro. Nel 2005, dopo la fine della passività esterna dei governi socialdemocratici, la corrente nazionalista entro la Cdu-Csu, guidata da Merkel, insieme alle élite industriali e finanziarie, ha elaborato una politica attiva di potenza, con il seguente obiettivo: allineare sotto la Germania gli europei per darle una massa critica utile a moltiplicarne la forza nazionale per diventare soggetto G3 insieme ad America e Cina e trarne vantaggi. Pertanto Berlino ha bisogno che l’euro resti in piedi, che rimangano nell’Eurozona gli europei più importanti affinché non ne ostacolino il dominio, ma in modi accettabili dall’elettorato tedesco. Fino al 2008 la strategia è stata condotta in modi indiretti, puntando ad una leadership di fatto e cosmetizzando l’ascarizzazione della Francia. Dopo lo scoppio della crisi del debito, Berlino ha avuto il problema di consolidare l’euro in modi più espliciti e formalizzati. Così è nata l’idea di creare una Eurozona germanizzata. Ma ancora non è chiaro come includere un numero sufficiente di nazioni per dare massa critica al Reich ed allo stesso tempo rassicurare gli elettori tedeschi che non pagheranno costi eccessivi per il nuovo impero. Merkel sta cercando di spaventare Francia, Italia e Spagna mostrando loro che potrebbero fare la fine della Grecia se non accetteranno un’unione fiscale totale con criterio tedesco che li renda simili alla Germania e controllati da questa via istituzioni specifiche dell’Eurozona. Atene è stata massacrata non per errore: la distruzione della Grecia doveva servire come dissuasione per gli altri. L’Italia ha dovuto allinearsi, ma il trilateralista Monti è docile solo in apparenza. Hollande ha già detto alla Germania che mai accetterà l’annessione al Reich. La Spagna, pur in emergenza, ha mostrato volontà e capacità di resistenza ai condizionamenti tedeschi. Infatti Merkel sta cambiando tattica, cercando di perseguire la strategia in modi più morbidi. Ma comunque non potrà funzionare. Anche perché Washington la impedirà per evitare che la Germania si allei con la Cina indebolendo il contenimento americano della sua espansione. Una confederalizzazione più estesa, e veramente europea, non sarà mai accettata dalla Germania e dalla Francia. Cosa resta possibile? Trovare un modello di “Europa sufficiente”, cioè meno di un’unione confederale, ma più di una semplice alleanza per reggere l’euro ed un mercato continentale unico. Un’opzione è quella di smontare le inutili istituzioni confederali, rimettendo il nome Comunità al posto di Unione, e rafforzare quelle intergovernative con tre aggiunte, in cambio dell’adesione al trattato Fiscal compact: (a) fondo di bilanciamento intraeuropeo per compensare gli effetti decompetitivi dell’euro sulle economie deboli e la deflazione da eccesso di rigore; (b) vigilanza bancaria unitaria affidata alla Bce; (c) inserimento nello statuto Bce della funzione di prestatore illimitato di ultima istanza. Per i mercati sarebbe sufficiente. Ma la Germania accetterebbe? Se l’euro crollasse perché si persegue un progetto confederale infattibile o uno di Reich inaccettabile anche Berlino andrebbe kaputt. Se tutte le euronazioni premessero insieme, la Germania non potrebbe resistere. Ma sarà più facile convincerla quando Merkel perderà le elezioni nel settembre 2013.