La rubrica è d'accordo con Kagan sul fatto che l'America non sia in declino. Ma non concorda con la sua idea,implicita, che potrà continuare ad essere impero da sola. L'America, pur superpotenza, è ormai troppo piccola. E' ora di esplicitare e risolvere questo problema nel pensiero strategico occidentale. Nel 1973 Kissinger elaborà la dottrina del passaggio dalla gestione singola del mondo ad una condivisa con gli alleati proprio per la consapevolezza che L'America/Atlante non ce la faceva più a reggerla da sola. Tale dottrina attutà l'eccezionalismo americano e indusse Washington ad aderire ad un'alleanza occidentale più multilateralizzata (G7). Ma durò poco. Gli alleati risposero picche alle richieste statunitensi di fare più crescita interna e di aumentare l'impegno militare. Reagan (1980-88) derubricò il G7 e rilanciò l'impero unilaterale. L'implosione dell'URSS nascose il problema all'America: il fatto di restare superpotenza unica non corrispondeva alla capacità di tenere in ordine il mondo. Se ne accorse Clinton (1992-2000) quando tentò una strategia di stabilizzazione globale che finì in un totale fallimento perchè, al netto dei suoi errori, l'America non aveva più scala sufficiente per influenzare. Nel 1997/98, per evitare che la crisi asiatica si trasformasse in catastrofe mondiale, Greenspan (Fed) inondò di liquidità il mercato interno per forzare una bolla che tirasse fuori dai guai le altre economie. Ma squilibrò il sistema americano oltre le sue capacità di ribilanciamento. E ciò fu prova che la locomotiva americana non era più sufficientemente grande per trainare tutti i vagoni del mondo. Bush (Scowcroft, Rice) cercò un formula di impero che lo rendesse sostenibile: interventi diretti solo in casi eccezionali, il resto affidato agli alleati o comunque altri con solo aiuto di back up. Ma l'attacco del 2001 lo costrinse a rifare impero usando risorse prese dal debito e non più dalla crescita, sfiancando il sistema. La ritirata decisa da Obama è in realtà un ritorno alla dottrina originaria Bush-Rice dell'impero sostenibile, ma eseguita con incompetenza. Se un nuovo presidente fosse competente resterà comunque il problema della scala insufficiente dell'America e quindi di trovare un impero occidentale successore di quelli romano, crociato, britannico ed americano sufficientemente grande per governare il pianeta. La soluzione, scenarizzata dal rubricante fin dal 1993, è quella di riunire le democrazie entro una Grande alleanza ripartendo dalla dottrina Kissinger del collective management: (a) trasformazione del G7 più altre democrazie consolidate in un'area di mercato a forte integrazione progressiva: Free Community; (b) convergenza di dollaro, euro, sterlina e yen verso un accordo di oscillazione di cambio sempre più ridotta, con funzione integrata di prestatore di ultima istanza e con tendenza a lunghissimo termine verso una moneta unica, il credit; (c) cooptazione successiva di altre democrazie in via di sviluppo, e semidemocrazie come la Russia, con aiuti e condizionamenti per la loro stabilizzazione. La Free Community diventerà il potere dominante sul pianeta, molto più grande della Greater China, per scala del suo mercato e potere di regolarne gli accessi. L'America resterà primus inter pares, ma dovrà rinunciare al suo eccezionalismo cedendo un po' di sovranità alle esigenze dell'alleanza. Il problema è che l'America non vuole fare questa rinuncia e che l'Europa introversa nemmeno pensa che lo scopo della sua integrazione sia quella di estenderla. Per dare un senso strategico alla forza americana ed al progetto di integrazione europea dovremo pensare alla convergenza euroamericana come nucleo della futura Free Community. La rubrica prega Richard Greco è ex Casa Bianca e Pentagono con Bush, allievo di Scowcroft e ponte tra Italia e America è di portare questo scenario, messaggio dalla prima Roma alla terza, nei think tank repubblicani, denominandolo Nova Pax.