Dal 1978 fino a qualche mese fa le èlite cinesi non hanno compiuto errori di rilievo nel realizzare la strategia di lungo termine, concepita da Deng Xiaoping, per trasformare la Cina da sistema rurale in prima potenza economica e militare del pianeta. Da qualche mese stanno facendo sbagli madornali. Quali e perché?
La strategia ha i fini ultimi di: (a) preservare il potere del Partito comunista abbandonando il modello socialista per passare ad uno capitalistico meglio capace di rendere ricchi i cinesi e di far loro accettare il regime autoritario; (b) trasformare la ricchezza in superiorità militare per sbattere fuori l’America dal Pacifico. I due scopi combinati. Per ottenerli, Deng creò un modello basato sull’export e sull’attrazione di investimenti esteri, trasformando la povertà in competitività. I requisiti per tale modello sono la viabilità del mercato globale, la capacità di evitare protezionismi altrui e reazioni di contenimento. Infatti fino a poco fa la Cina ha minimizzato l’aggressività, nascosto il riarmo, sedotto con contratti industriali vantaggiosi le nazioni occidentali, messo sul libro paga politici, giornalisti e professori per alimentare l’immagine di una Cina benevola, per propugnare un mondo multipolare e profetizzare l’ineluttabilità dell’emergere del millennio cinese. Pechino dovrebbe stare cheta almeno fino al 2025 perché prima non sarà pronta per alimentare con crescita interna il proprio sviluppo e per rendere operativi sistemi di superiorità. Ma non lo sta facendo. Prende posizioni sempre più assertive e non nasconde più il suo riarmo. Che sia nervosismo e non strategia appare provato dal malpreparato incontro con l’India per contrastarne l’alleanza anticinese con l’America, dal ricatto per disertare il premio Nobel dato ad un dissidente, dall’aver lasciato Pyongyang sparare, ecc. Spiegazioni: (1) le èlite cinesi hanno perso capacità strategica; (2) c’è un conflitto tra prudenti e neoimperiali in vista del cambio di leadership nel 2012; (3) il declino accelerato dell’America e la rinazionalizzazioneprotezionista del mercato globale costringe la Cina ad accelerarne il controllo; (4) la strategia originaria non contemplava il fabbisogno crescente di materie prime e la necessità di controllarne i prezzi, cosa che ora costringe Pechino ad accelerare la costruzione del suo impero globale. La rubrica ipotizza (2) e (4) e lì individua una vulnerabilità della Cina. Il pensiero strategico asiatico che usa tempi lunghi è superiore a quello occidentale basato sul breve, ma se la situazione lo costringe ad accelerazioni allora diviene incoerente e perdente.