La rubrica è molto preoccupata che la Fed mantenga l’intenzione, ai primi di novembre, di acquistare titoli di debito e, per questa via, creare una bolla di liquidità con la presunta capacità di accelerare la ripresa. Tale mossa, se fatta in grandi quantità, promette una caduta del dollaro e megainflazione globale. Bernanke ha recentemente ribadito tale scelta di “governo con l’inflazione” perché i dati mostrano un rischio prevalente di deflazione nel mercato americano. La rubrica non ne è convinta e sente puzza.
In America la ripresa c’è. E’ resa lenta dalla difficile riparazione sia della capacità di spesa delle famiglie sia del disastrato sistema del credito. In particolare, molti consumatori hanno provato una crisi di fiducia non solo contingente, ma una basica al riguardo del loro stesso modello di vita. Per questo stanno spendendo di meno pur ridotti i debiti. Per questo, oltre che per la restrizione del credito, lo stimolo monetario (tassi a zero) non ha sortito gli effetti sperati. Inoltre c’è un’incertezza sui carichi fiscali del futuro, a causa dell’indecisione di Obama, che congela i nuovi investimenti nelle microimprese, le più veloci nell’espellere e riassorbire occupazione. Ma - il punto - la fiducia sta tornando, in accelerazione. Un Congresso più influenzato dai repubblicani, dopo le elezioni di novembre, rinnoverà l’attuale tassazione ridotta che scade il 31 dicembre. Questi ed altri dati fanno prevedere che l’enorme massa di liquidità ora congelata dall’incertezza si riverserà di colpo nel mercato, tra poco, provocando un’inversione rapida dalla deflazione all’inflazione. In sintesi, l’orientamento inflazionistico di Bernanke appare ingiustificato. Possibili spiegazioni: (a) analitica, gli scenari della Fed non registrano, come invece quelli del think tank coordinato dal rubricante, gli andamenti qualitativi della fiducia e non vedono vicino il punto di inversione; (b) tecnica, inflazione e svalutazione permettono stimolazioni senza aumenti di deficit, nel breve; (c) personale, i capi della Fed vengono rimossi se inducono recessioni, ma non se fanno inflazione; (d) politica, Obama vuole forzare la ripresa, via inflazione e svalutazione, per avere un boom entro le elezioni del 2012 ed ha riconfermato Bernanke con il patto che questi lo ottenga; (e) strategica, il più efficiente mercato statunitense riassorbe l’inflazione velocemente e se l’America la esportasse distruggerebbe tutti gli altri restando, con il dollaro, l’unico birillo in piedi. Quale la più probabile? Un po’ di tutte. L’Eurozona, più in pericolo di altri, deve andare in pressing per salvarsi.