L’intenzione di W. Schauble, Bundesfinanzminister, di creare un Fondo europeo con missione di prevenzione e di prestatore di ultima istanza per euronazioni nei guai, sta trovando ostacoli interni ed esterni. La Bundesbank è contro perché ritiene che il salvagente incentiverà gli Stati all’irresponsabilità. I nazionalisti non vogliono che soldi fiscali tedeschi aiutino altri. La Francia teme che il Fondo riduca la sua influenza in Europa. La Bce, silenziosamente, è di traverso perché conterebbe di meno. Una pletora di economisti ha fornito argomenti tecnici contro. Schauble si è scocciato e sul Financial Times ha scritto un articolo dove invita gli oppositori tedeschi ed europei a capire di cosa veramente si tratti. Il messaggio, tra le righe e solo per addetti, è: si tratta di una questione politica, non economica. Schauble è l’ultimo dei grandi politici che, insieme a Kohl, ha concepito la germanizzazione dell’Europa, via euro, come strumento per la europeizzazione della Germania, chiudendo così la secolare “questione tedesca”. Kohl disse ad Andreatta nel 1993, testimone il rubricante: devo farlo prima che salga al potere la nuova generazione di politici post-bellici nazionalisti. Il punto: accettare o meno il Fondo significa mantenere o distruggere questa soluzione bilanciata.
Perché? L’Eurozona non è attrezzata per le emergenze. La prevenzione, affidata alla Commissione, non funziona. Un governo paneuropeo dell’economia è fantasia. I debiti nazionali salgono. In tale situazione l’euro salterà e con esso l’ordine europeo. Per evitarlo, va trovato uno strumento di condizionamento delle sovranità nazionali che imponga rigore, salvi chi è nei guai, e che non sia direttamente collegato all’Europa politica affinché le masse impoverite in una nazione “sotto trattamento” non reagiscano invocando la secessione dalla Ue. Cosa che darebbe la scusa alle forze nazionaliste in Germania, crescenti, di chiedere l’uscita dall’euro e di tornare potenza singola. Il Fondo è l’unico strumento fattibile di stabilizzazione. Che posizione prenderà l’Italia? Tremonti è tra i pochissimi che capiscono cosa sia in gioco e certamente coglie l’interesse italiano, vitale, a convergere con Schauble. Ma rappresenta un’Italia troppo debole per tentare un asse Roma-Berlino, intervenire di fatto nella politica interna tedesca e pressare Parigi. Forse ciò, per realismo pragmatico, lo trattiene. Se così, la rubrica lo invita a tentare comunque, per realismo strategico: aiutare ora Schauble (e Merkel) significa guadagnare un credito per l’Italia tale da rimetterla al centro della Ue.