Paolo Mieli ha enfatizzato il punto più critico dello scenario prospettico italiano, trattato più volte da questa rubrica. Confrontiamo le due versioni. Scenario Mieli: l’Unione europea, persa forza direzionale, non riuscirà più a governare dall’esterno l’Italia incapace di riformarsi da sola. Pertanto, dobbiamo mettere in assoluta priorità la costruzione di una capacità autordinativa. Lo scenario Pelanda richiede la citazione di quello di Beniamino Andreatta, con il quale il primo lavorò su questa materia dal 1989 al 1993. Il punto fu: potrà l’Italia governarsi da sola o dovrà cedere la sovranità a Berlino e Parigi per mantenere ordine e stabilità interni? Andreatta ritenne inevitabile la seconda alternativa. Per esempio, fu così disperato da dire ad alti burocrati di aumentare la loro inefficienza ritardante per limitare i devastanti eccessi di spesa in deficit che il Parlamento votava allegramente. In sintesi, le “vere” éliteitaliane di allora – Carli, Andreatta, Agnelli, Ciampi, ecc. – vista l’imbecillità del sistema politico italiano, decisero di trasferire la sovranità per salvare la nazione. Il trattato di Maastricht permise una dignitosa cosmesi di tale cessione a Berlino e Parigi rivestendola di europeismo. Pelanda non fu mai d’accordo su questa soluzione, pur condividendo l’analisi, e presentò strategie diverse. Ma nell’estate del 1993, in un incontro riservato a Madonna di Campiglio, Kohl annunciò ad Andreatta: l’euro lo faremo e presto, voi dentro. Non c’erano più opzioni possibili, Pelanda, con infinita amarezza, lasciò Andreatta per disaccordo: trasferire così la sovranità sarà un boomerang. Che oggi è evidente: l’Italia, come tutti gli altri europei, ma un po’ di più rendendola prima nazione a rischio di uscita, fa fatica a stare nell’euro per debolezza propria e difetto di disegno dell’eurosistema. Infatti ci stiamo riprendendo la sovranità in negativo, come dice Mieli. Ma qui lo scenario Pelanda si differenzia. Se l’Italia esce, salta l’euro. Poiché questa eventualità è considerata inaccettabile dalla Germania - e, al momento, da Washington - allora prima del botto vi sarà sicuramente un tentativo di governo esterno, molto deciso, dell’Italia. Il punto: riusciremo a galleggiare a sufficienza per farci sottomettere e non abbandonare? Mieli teme di no. Pelanda è certo di sì perché la reattività del sistema economico italiano è sufficiente a non farlo collassare. Ma divertiamoci. Chi dei due è più ottimista: Pelanda che ritiene l’Italia almeno capace di essere provincia di qualche impero o Mieli che, invocandolo, ne ritiene possibile l’autogoverno?