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Carlo Pelanda: 2005-5-31Il Foglio

2005-5-31

31/5/2005

O si dimezza il debito o fuori dall'euro o ci si impoverisce

La priorità dell’Italia è quella di liberarsi dal peso di un debito pubblico superiore alla ricchezza lorda prodotta annualmente. Perché per servirlo (interessi) brucia o congela  investimenti o spazio di bilancio per la detassazione competitiva. Cose note. Ma non è noto che tale zavorra sta sul serio affondando l’Italia. Nell’eurosistema i debiti nazionali si ripagano e non si può usare la tipica via dell’inflazione e della svalutazione per abbatterne il volume perché non vi è la sovranità monetaria e di bilancio per farlo. Non solo. Questa rubrica stima che la conversione in euro del debito in lire lo abbia rivalutato implicitamente di almeno il 30%, di fatto aumentandolo. E che la riduzione della spesa per interessi dovuta all’effetto (pseudo)consolidante dell’euro non abbia neanche lontanamente compensato tale buco. Il cui effetto diretto ed indiretto comporta una situazione di deflazione implicita anche se l’inflazione esplicita è elevata. In sintesi, la combinazione euro/debito è stata devastante per l’Italia e lo sarà sempre di più. Il punto dello scenario: o si esce dall’euro o si dimezza il debito o si impoverisce l’Italia. Per evitare la terza alternativa, impossibile la prima, resta solo la seconda. Qualche giorno fa, il prof. Guarino ha lanciato l’idea di una megacartolarizzazione che metta insieme titoli di debito (liabilities) e pezzi, finanziarizzati, di patrimonio (assets) in modo che i secondi annullino i primi. La proposta è stata criticata per tre motivi: la Ue ed il mercato continuerebbero a vedere tale cartolarizzazione come debito; l’alienabilità del patrimonio è dubbia sia per scala sia per disponibilità; il mercato resterebbe sospettoso. Possibile, ma allora si cerchi di aggiustarla cercando di superare tali ostacoli invece, solo, di citarli. Per esempio, inventando una cartolarizzazione supersintetica di tipo retrogarantito: (a) si forma una società X per azioni che riceve dallo Stato, intanto, 200 o 300 miliardi di patrimonio; (b) questa offre sue azioni (ad investitori istituzionali) in cambio di titoli del debito; (c) tali titoli vengono bruciati; (d) le azioni danno una rendita annua minima garantita del 5%; (d) il rischio di minusvalenza viene coperto da un assicurazione - premio pagato dal Tesoro – per i primi dieci anni; (e) in 20 anni la società X vende il patrimonio, nel mercato globale, e lo trasforma in capitale finanziario continuamente reinvestito. Funzionerebbe? Lo si può capire solo sperimentalmente, provandoci, intanto, con cifre meno impegnative, ma con la voglia di riuscirci. Questa manca, grazie Guarino per averla sollecitata.       

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