Senext. La medicina sta allungando la durata della vita, ma offre poco per migliorarne la qualità. Quindi lo scenario più probabile, senza cambiamenti, sarà uno di crescente sofferenza umana: (a) un individuo potrà vivere quasi 30 anni, dai 70 ai 100, in una situazione fisica subottimale nell’ambito di un sistema sociale che lo marginalizza; (b) un corpo potrà essere tenuto in vita per anni e decenni, ma con una dipendenza da supporti medici che risulterà del tutto depressiva per la mente. Le soluzioni correnti ai due problemi sono molto deboli. La teoria sociale invoca più attenzione per l’anziano da parte delle famiglie e delle istituzioni. Tali proposte, pur fatte in buona fede, non tengono conto di un punto realistico e scientificamente evidente: è molto difficile che un sistema sociale riesca ad adattarsi, includendola, ad una condizione umana che sia molto lontana da quella pienamente attiva. Quindi la soluzione non è forzare il sistema per renderlo più amichevole verso l’anziano, ma modificare il secondo affinché rimanga vitale ed autonomo nel primo. La stessa logica va applicata all’altro problema. La tendenza montante è di risolverlo con un crescente ricorso all’eutanasia: piuttosto che vegetare meglio staccare la spina o comunque suicidarsi. I futurizzanti vedono in tale atteggiamento il pericolo più immediato perché sconnette tecnologia e speranza. Mentre più tecnologia è la soluzione per ambedue i problemi. Si tratta di creare dei servomeccanismi interni ed esterni che aiutino il corpo e la mente dell’anziano. Per esempio: esoscheletri con energia propria che permettano di camminare e correre, jogging competitivo a 98 anni; microcomputer impiantati nel cervello e connessi con la fisiologia sia del pensiero sia dei sensi; nanotecnologie per la gestione sostituiva degli organi e processi interni, terapie geniche per le riparazioni. Già oggi un tale progetto “Senext” è tecnicamente concepibile e, quindi, sviluppabile nei prossimi decenni. Il problema dei costi non esiste perché si tratta di prodotti di massa che godranno dell’economia di scala. Le modifiche alle istituzioni sociali sono minime per definire diritti e status del senior ripotenziato. In sintesi, la tecnica potrà rendere l’anziano un giovanotto riconnettendo durata e qualità della vita. Non è qui il problema. Manca, invece, la domanda: una teoria più pressante di amore per la vita, una dottrina medica che senta la missione di produrre una salvazione (con la “s” minuscola) intera e non solo a metà. Manca un pensiero umanistico “fortissimo”, una poesia che canti l’estasi fisiologica dell’esistere, parole sognanti. Eccole.