Nei think tank c’è da sempre un grande rispetto tecnico per le scelte geopolitiche della Chiesa cattolica. Rinnovato quando il cardinale Sodano, pur nell’ondata irenolirica, ha ribadito la distinzione tra dottrina "pacificatrice" del Vaticano e "pacifismo". La Chiesa è un attore razionale che non rinuncia a priori né alla guerra né al realismo, ma li modula a seconda dei propri interessi. Per esempio, nei primi anni ’90 il Vaticano stimolò l’indipendenza delle cattoliche Slovenia e Croazia, pur eventi destabilizzanti. Così come non si oppose oltre misura, pur contro la guerra, all’azione Nato finalizzata a cambiare il regime di Milosevic. In relazione al caso dell’Iraq la Chiesa ha interesse a non irritare gli islamici perché teme che poi questi Le scatenino addosso una guerra santa globale, con il rischio di massacri delle minoranze cristiane in Africa ed Asia e di vedere San Pietro bersagliata. Quindi è ovvio che la Chiesa non solo eviti di concedere la bandiera crociata all’Impero, ma anche che faccia di tutto per dimostrare che diverge dal secondo. Appunto, per sfilarsi dalla trappola di una guerra di religione. Perché potrebbe perderla in una fase storica dove l’Islam è molto aggressivo. E’ una tipica "strategia di contenimento" che minimizza i rischi nel presente e rimanda al futuro la ricerca di vantaggi. Utile, per altro, anche all’Impero. Che non vuole crociate in quanto persegue la cooptazione dell’Islam buono per sradicare meglio quello cattivo. In sintesi, finora la divergenza tra Chiesa ed Impero è sembrata piuttosto normale, perfino utile. La prima dice le cose che deve dire, il secondo fa le cose che deve fare, nessuno dei due ostacola sul serio l’altro. Ma gli osservatori stanno registrando una crescente asprezza nelle relazioni tra Chiesa ed Impero e ne cercano i motivi. Due sono i più gettonati. Primo, la Chiesa pensa di non riuscire ad evitare la guerra di religione se non fermando sul serio Bush. Secondo, L’Impero presenta la propria missione di riordinamento globale con un forte carico teologico, quasi una "seconda Israele" dotata di un patto proprio con Dio. Di fronte a tale sfida teologica la Chiesa solleciterebbe la formazione di una Ecumene eurasiatica che sia strumento geopolitico per contrastare un’America che vuole essere allo stesso tempo Chiesa ed Impero. Questa rubrica ritiene che il secondo motivo sia troppo fantasioso e non vede alcun Papa disposto ad incoronare Chirac novello Carlo Magno. Ma anche registra un preoccupante ritorno della teologia nella geopolitica e raccomanda un rientro nella razionalità: l’Impero non tenti di essere Chiesa e viceversa.