L’occupazione dell’Iraq avrà un effetto destabilizzante o stabilizzante? Se gli americani attuano la bonifica vuol dire che ritengono più probabile il secondo caso. Su cosa si basa la loro fiducia? Non certo su previsioni "statiche" perché è impossibile farle. Evidentemente è al lavoro un altro metodo: si affronta l’incertezza creando una sistema di superiorità tale da poter affrontare qualsiasi imprevisto, anche di caso peggiore. Si chiama "strategia dinamica", noi diremmo "gestione in corso d’opera". Il metodo, banalizzandolo, si basa sul principio di varietà indispensabile (Ashby, 1956) o di "ridondanza". Per esempio, non so quante fotografie dovrò fare, ma mi porto dietro un milione di pellicole e sono certo di poter coprire il fabbisogno pur non potendolo prevedere in dettaglio. E’ interessante, per questa rubrica che non ha accesso all’informazione primaria in materia, capire da indizi di analisi secondaria se l’apparato che permette la gestione dinamica sia dispiegato oppure no. E se sufficiente. Sul piano militare sembra che lo sia: la potenza mobilitata è almeno dieci volte superiore a quella necessaria anche in una pianificazione prudenziale. Ma per la gestione del dopo? Il dubbio nasce dalla cultura strategica statunitense: prima vinciamo poi vediamo (Victory first). Ma è osservabile un enorme investimento statunitense per la gestione dinamica delle conseguenze geopolitiche nella regione. Fin dall’estate del 2002 la diplomazia riservata statunitense ha assicurato un assetto futuro dell’Iraq che non disturberà i vicini. Per esempio, niente autonomia ai curdi a livello tale da impensierire la Turchia; nessun contagio democratico per i regimi totalitari alleati. In sintesi, ogni Paese interessato, Iran a parte, ha ricevuto una rassicurazione (Siria) o compensazione (Egitto, Marocco, Giordania, ecc.). Di fatto gli Usa si sono posti come garanti di un nuovo equilibrio arabo in sostituzione dell’Arabia Saudita. Questa, infatti, perderà il controllo dell’Opec perché l’Iraq americanizzato potrà bilanciarla. Poi perderà la risorsa politica del conflitto con Israele, essenziale per la sua leadership panaraba, perché gli Usa porteranno Gerusalemme alla pacificazione finale. In generale, l’America diventerà una potenza interna nel sistema arabo. Ciò implicherà la fine della politica destabilizzante e ricattatoria condotta in tutta la regione dai sauditi attraverso il sostegno al fondamentalismo. Se così, la desaudizzazione è la chiave stabilizzante in quanto tutte le élite arabe moderate la desiderano. E ciò porta all’Impero una scala sufficiente di alleanze per la gestione dinamica del gioco.