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Carlo A. Pelanda
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Carlo Pelanda: 2002-2-23Il Foglio

2002-2-23

23/2/2002

Dilemma per l’Impero: se parla genera antiamericanismo, se combatte tacendo perde consenso in casa

Infowar. Cresce la sensazione che l’America stia perdendo sul piano comunicativo la guerra al terrorismo. Non c’è sufficiente consenso nell’opinione pubblica mondiale. Ciò complica l’allineamento dei governi alleati già riluttanti, russo a parte. Promette dissensi esplosivi nei paesi islamici a seguito di azioni aperte contro l’Iraq o altri. In sintesi, il tasso di antiamericanismo a livello globale è momentaneamente troppo elevato per rendere simbolicamente gestibile la continuazione di enduring freedom. Che, tuttavia, non può essere interrotta per la necessità sia di eliminare gli arsenali nucleari e biochimici prima che siano maturi sia di annientare le reti terroristiche prima che si riorganizzino. Un’opzione razionale, data la situazione, sarebbe quella di ridurre  il profilo mediatico delle operazioni perseguendole solo a livello riservato di annientamento e destabilizzazione. Sarebbe anche utile per arginare l’infezione del conflitto arabo-israeliano. Favorirebbe, in generale, la partecipazione degli europei non privi di capacità per azioni segrete (intelligence, truppe speciali, reti di influenza nei paesi obiettivo e dintorni), ma con insufficienti mezzi militari e consenso popolare per guerre aperte. Il governo americano, tuttavia, resta ancorato all’opzione “in chiaro” ad alto profilo comunicativo. Per due motivi. L’amministrazione deve dimostrare iniziative forti come reazione all’attacco dell’11/9 per non perdere consenso interno. Deve, poi, mantenerlo alto e teso per il modo tecnico con cui gli Usa conducono le guerre. Anche piccole operazioni sono pianificate con un eccesso prudenziale di copertura strategica, cioè con un impiego di risorse che lascia un segno nel bilancio statale e nelle famiglie e rende inevitabile una legittimazione “aperta”. Per tali motivi domestici l’amministrazione è costretta ad operare in chiaro. E quindi a reagire al dissenso globale con un’offensiva simbolica che lo inverta. Funzionerà? I primi segnali indicano di no. La parte “bianca”, demonizzazione (asse del male) e convincimento, coordinata da un nuovo ufficio della Casa Bianca, è un prodotto pubblicitario ancora troppo americano per far presa sul resto del mondo. Quella “nera”, disinformazione e condizionamento dei media anche nei paesi alleati, rischia di essere un boomerang per la credibilità degli Usa se tentata oltre i limiti delle normali propaganda e guerra psicologica. Il problema ha due linee di soluzione: (a) raffinamento adattivo e potenziamento della gestione simbolica; (b) più operazioni riservate e meno profilo mediatico. Quale prevarrà? Probabilmente un mix tra le due, per necessità. 

(c) 2002 Carlo Pelanda
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