Evoluzione dell’imputabilità. E’ dato di scenario ormai stabilizzato il fatto che la rivoluzione conoscitiva e tecnologica in atto produrrà notevoli discontinuità sociali entro il 2010 anche se il tecnobang vero e proprio è atteso tra il 2020-30. In breve tempo molti eventi e fenomeni non saranno più imputabili al caso, al destino, a Dio, ma a cause determinabili. Le nuove tecnologie potranno modificare ciò che per millenni si è ritenuto immodificabile. Gli individui diventeranno responsabili di decisioni che nella cultura tradizionale non erano previste perché fuori dal loro dominio. Con un problema aggiuntivo: la tecnologia potrà generare trasformazioni più ampie di quanto la scienza potrà dominare e quindi certificare. Esempi. Anno 2009, il medico mostra ai genitori la struttura genetica del loro prossimo figlio. I due decidono di non manipolarla per ridurre alcuni rischi individuati. Nel neonato si avvera il previsto malanno. Per fortuna può essere riparato con terapie geniche. Chi le paga? Il sistema pubblico, con certa ragione, potrebbe rifiutarsi perché i genitori conoscevano il rischio e non hanno voluto minimizzarlo. D’altra parte, sarebbe fonte di dissenso il condizionare ad un costo assicurativo eccessivo la libertà di scelta parentale. Più complicato: i medici “certificano” che la genetica del nuovo nato sarà normale, ma poi a questo scoppia un male per difetto originario. Chi è imputabile? I geofisici riescono a raffinare le previsioni dei terremoti grazie ad una nuova tecnologia dei sensori, ma il modello scientifico analitico non permette certezze assolute. Dicono al governante di turno che entro due mesi verrà il sisma, con probabilità del 97%, in un’area individuata, ma non precisabile perfettamente. Il politico decide di non evacuare l’area perché il grado di sicurezza scientifica non ne giustificherebbe i costi. Il terremoto arriva ed uccide: non si potrà più parlare di “sfortuna” (dis-aster) perché si sapeva. E se sgombera, ma poi il patatrac non viene, chi paga i costi dell’emergenza di massa? Senza un inquadramento legale ed istituzionale delle nuove imputabilità si rischierà un paradosso: l’aumento delle conoscenze che possono salvare e migliorare la vita non riuscirà ad essere applicato perché l’ignoranza dei fenomeni risulterà più efficiente e governabile. Inaccettabile. Sarebbe saggio tentare di perfezionare il potere certificante della scienza? No, perché c’è un limite epistemologico intrinseco. La scienza non potrà mai assicurare la piena e definitiva saturazione cognitiva di un fenomeno. Inutile chiederglielo, pur mantenendo questa lo status di fornitore del dato migliore possibile. Quindi è la politica che deve far evolvere le istituzioni affinché possano gestire le nuove imputabilità. Ma è usa seguire e non anticipare, stile in questo caso inefficace. Forse tocca alla filosofia del diritto accelerare la ricerca in questa difficile materia per predisporre la società alla prossima tecnodiscontinuità.