La trasparenza statistica di molte nazioni che partecipano al mercato globale non è sufficiente. La rappresentazione sintetica della reale situazione di un paese è sempre più importante per le decisioni economiche, ma la qualità dei dati non è evoluta al passo della loro crescente rilevanza. Per esempio, tra gli operatori del mercato c’è la credenza che il Pil cinese debba crescere ogni anno almeno dell’8% affinché quel sistema in rapida transizione possa restare stabile. E Pechino rilascia un dato corrispondente. Ma, senza voler offendere, non è credibile anche per il forte sospetto di opacità sui modi con cui è raccolto ed eventualmente manipolato per motivi politici. Nei paesi più avanzati e trasparenti, come gli Stati Uniti, non c’è questo problema, ma se ne affaccia un altro di evoluzione metodologica degli indicatori. Per esempio, negli anni scorsi c’è stata una discussione accesa, mai del tutto risolta, sul fatto che si tendeva a sovrastimare l’inflazione. Nell’Unione Europea, dove questa appare sottostimata, tale dibattito non è nemmeno iniziato. Un altro animale statistico difficilissimo da catturare è l’indice di produttività. Questo è sempre più importante per le decisioni di politica monetaria, ma il governo americano non ha mai convinto del tutto sulla bontà della determinazione di tale indicatore. E ancor meno convincenti sono le revisioni del metodo di rilevazione del Pil nell’eurozona, area dove questo è il principale parametro per le decisioni di finanza pubblica. Si sospetta una tendenza a pomparlo artificialmente stimolata da governi di sinistra che, poiché in difficoltà sul piano della crescita reale, devono inventarne un po’ nei numeri. Per l’Italia qualcuno subodora una situazione perfino buffa: viene sottostimato il Pil prodotto in nero e sovrastimato quello in bianco. Per altri paesi c’è un problema di opacità manifesta e volontaria. Per esempio, è ancora un mistero il reale buco finanziario nel sistema bancario nipponico. Sono certamente cosmetizzati i dati sulla solidità bancaria in almeno una cinquantina di paesi emergenti. Altri di questi non possiedono nemmeno sistemi di rilevamento. In sintesi, i problemi di efficienza statistica sono tre: (a) incertezza “politica” dei dati; (b) dubbia consistenza metodologica; (c) incompletezza del rilevamento in molti territori del mercato globale. Il primo problema va risolto portando gli istituti nazionali di statistica ad un livello di indipendenza dalla politica simile a quello delle Banche centrali. Il secondo impone un aumento dei finanziamenti per la ricerca metodologica in materia. L’ONU potrebbe gestire il terzo impiantando in ogni paese povero un istituto integrativo di rilevamento. Per dare più forza a tali misure dovrebbe evolvere uno standard mondiale a cui le nazioni cedano la loro sovranità statistica. Si apra dibattito, svelando al pubblico che la statistica non è solo una scienza, ma sempre di più un potere vero e proprio. Quindi da regolare.