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Carlo Pelanda: 2000-10-7Il Foglio

2000-10-7

7/10/2000

I fondi in dollari cominciano a correre qualche eurorischio

Piccante. In teoria, questo sarebbe un buon momento per passare dal dollaro all’euro. Il secondo e’ ancora molto basso. Ma il pur limitato intervento di salvataggio da parte delle banche centrali europea, americana, nipponica ed inglese ha dato al mercato la sensazione che ci sara’ un pavimento alla caduta della moneta unica. Tale piattaforma riduce di molto l’eurorischio come percepito fino a poco fa (crollo fino a 0,75 per un dollaro). Poi sta avvenendo un certo “decoupling” tra Borse europee e americane. Le seconde, sono ancora in fase di correzione e si presume che le prime possano correre di piu’, anche perche’ sottovalutate nel recente passato. L’ipotesi del rallentamento della crescita americana nel 2001 rende ancor piu’ attrattiva l’europportunita’. Soprattutto, molti “buoni” titoli azionari europei costano poco, cioe’ meno dei “buoni”, ad esempio, tecnologici americani che appaiono ancora sopravalutati.  Se uno entra adesso dal dollaro in euroazioni puo’ sperare di prendere soldi sia dal rimbalzo borsitico sia da quello dell’euro. Se, infatti, i fondi finanziari in dollari decidono di passare massicciamente all’euro, allora i flussi di capitale saranno tali da alzarlo. Fino a quanto? Considerati i pesi che lo tengono basso strutturalmente combinati con il valore di parita’ di acquisto tra dollaro ed euro, si puo’ puntare sullo 0,96 come punto centrale di oscillazione. Da una parte, i fondi hanno interesse ad una tale manovra, non solo per i guadagni a breve e medio, ma anche perche’ acquisirebbero l’Europa per quattro soldi e tutte le sue opportunita’ ora congelate dalla sorpendente incompetenza riformatrice degli eurogoverni. Infatti sono in atto dei test: compratori nascosti hanno leggermente dinamizzato nei giorni scorsi le Borse europee – e quella di Milano in particolare – per vedere nei fatti la reattivita’ di queste. Dall’altra, la decisione di sfruttare questa succulenta opportunita’ e’ in bilico. Perche’?

 In concreto, prevalgono ancora i flussi di capitale dall’euro al dollaro. Nel primo trimestre del 2000 ben 59 miliardi di dollari equivalenti sono fuggiti dall’eurozona e solo un miliardo vi e’ entrato. Negli ultimi due anni piu’ di 500 miliardi di euro sono stati convertiti in dollari da investitori europei per comprare aziende americane. E tale flusso non sta rallentando. Ma l’incertezza maggiore riguarda la maggiore vulnerabilita’ dell’industria europea al rialzo dei prezzi petroliferi. Oltre al maggior impatto inflazionistico dovuto all’euro debole, c’e’ troppo manifatturiero vecchio stile, con poca produttivita’, e i profitti azionari sono a rischio. Poi, la crescita europea e’ tutta esportativa. Se l’America rallenta, l’Europa torna giu’. In sintesi, l’opportunita’ e’ moderata da queste considerazioni. Quindi lo scenario piu’ probabile e’ che venga colta solo parzialmente e con passi lenti e prudenti. Ma la decisione resta comunque in agenda. C’e’ qualche sano e selvaggio capitalista che intenda rischiare per primo creando, per imitazione indotta, un effetto valanga? Piccante, appunto.

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