Dal 1992 l’Impero appare debole. Il viaggio europeo di Clinton sembra - per la sua irrilevanza e per la figura dimezzata dell’imperatore – confermare tale sensazione. Ma attenti a non cadere in un’illusione ottica: in realtà l'Impero sta “silenziosamente” tornando più forte che mai.
L’amministrazione Clinton ha tentato di risolvere un’equazione impossibile. Da una parte, l’America non può rinunciare all’impegno globale. Dall’altra, è difficilissimo costruire un tavolo a leadership statunitense senza il collante comune di un “Grande nemico”. Ma tale dilemma è irrisolvibile solo se si punta a costruire un’architettura politica “formale” di ordine mondiale, cioè una sorta di istituzionalizzazione trasparente della Pax americana. Il problema, invece, risulterebbe meglio risolvibile se Washington decidesse di esercitare il proprio potere in forme sostanziali e riservate. Clinton ed i think tank democratici hanno perseguito strenuamente la strategia “formalista”, un po’ per il moralismo irrealistico tipico dei secondi e un po’ per l’ambizione provinciale del primo di entrare nella storia come architetto di edifici mondiali visibili. Per esempio, ha annunciato un trattato globale di antiproliferazione prima di controllarne e facilitarne la fattibilità. Ed è stato un flop. Dopo questo e tanti altri fallimenti clamorosi l’amministrazione si è indebolita ed ha lasciato uno spazio crescente agli uomini della “burocrazia imperiale” (molti formatisi nell’epoca di Reagan e Bush). Che, alla fine, hanno preso in mano le redini perché capaci di togliere le castagne dal fuoco. E nell’Impero, dal 1998, è iniziata la svolta. Che l’India sia potenza nucleare va bene perché potrebbe nel futuro condurre una guerra per procura contro la Cina. Non va bene che lo sia il Pakistan e lì si è favorito un colpo di Stato. Ultimo esempio, l’impasse sulla cooptazione della Cina nel Wto stava diventando pericolosa per gli interessi geoconomici futuri. Fondi finanziari, grandi imprese e burocrazia imperiale, alla fine, hanno aiutato Clinton a farla approvare dal Congresso perché da solo non ce la faceva. A modo loro, pratico e riservato. In sintesi, da circa due anni si nota che l’Impero sta passando dalla strategia formale a quella sostanziale. Significa: (a) costruire e mantenere una superiorità assoluta nazionale “esclusiva” sul piano geoconomico, geopolitico e tecnologico; (b) esercitarla in modi sostanziali, anche duri se necessario, usando le architetture formali solo come copertura bonaria e salvafaccia per i colonizzati; (c) privilegiando i rapporti bilaterali con ciascun paese e sabotando gli organismi multilaterali se diventano troppo vincolanti per gli Usa. Questo modello sarà più esplicito se sarà eletto un presidente repubblicano, un po’ meno se vincerà Al Gore, ma la svolta di “strategia sostanziale” è ormai stabilizzata. Gli europei, quindi, devono riabituarsi a trattare con un Impero forte ed intrusivo. Anche Chirac.