Per l'ottavo anno é crescita prorompente in America. Annualizzando i dati del primo trimestre 1999 l'aumento é del 4,1% (3,9% nel 1998). Ora ci sono timori, oltre che il sistema salti per le distorsioni provocate del crescente deficit commerciale, che si accenda l'inflazione, come già più volte ben commentato dal Foglio. Il primo rischio é remoto, il secondo é ravvicinato. Per valutarlo dobbiamo approfondire due questioni centrali della "Nuova economia", ritenuta misteriosa dai più. Come mai, per anni, c'é stata una crescita senza inflazione? Quanto potrà durare?
Il primo mistero sarebbe spiegato se, oltre agli effetti deflattivi della globalizzazione, ci fosse stato nel recente passato un parallelo aumento della produttività - il valore medio di un'ora di lavoro - di quantità superiore a quella registrata dalle statistiche. La notizia é che alla fine di marzo il governo americano ha ammesso che la crescita della produttività era stata sottostimata per problemi di calcolo dei valori nei settori più toccati dalle nuove tecnologie dell'informazione (bancario, finanziario, educativo e sanitario). Precedentemente Erik Brynjolfsson, del Mit, aveva mostrato come le statistiche ufficiali non sempre coglievano i vantaggi competitivi della crescente informatizzazione: più velocità, qualità, miglior servizio al cliente e creazione di nuovi prodotti. Edwin Dean, responsabile della "divisione produttività" dell'ufficio governativo dedicato alle statistiche sul lavoro, ha scritto che la sua agenzia era sempre più preoccupata del fatto che il metodo di rilevamento non coglieva pienamente l'impatto delle nuove tecnologie, sottostimandolo. In sintesi, é probabile che la produttività, in America, abbia avuto una crescita più forte di quel 2% registrato dal 1996 al 1998 (3% negli ultimi nove mesi). Mistero svelato e conferma che la tecnologia dell'informazione genera aumenti del tutto nuovi di produttività che permettono crescita senza inflazione. Ma quanto può durare? Greenspan, recentemente, ha risposto che non si tratta di economia realmente "nuova", ma solo di un cambiamento epocale in un'economia le cui regole basiche, "i cicli", restano quelle di sempre. Quali, in particolare? Forti incrementi di produttività sono effimeri (o dopo periodi eccezionali, quali la fase post-bellica, o in momenti di rimbalzo a seguito di una recessione) e di norma si sgonfiano. Infatti nell'ultimo secolo in America la crescita della produttività, a parte gli ultimi anni, ha viaggiato con un media tra l'1 ed il 2%, stagnante dal 1973 al 1996. Greenspan non nega la "Nuova economia" generata dalla combinazione di nuova tecnologia e globalizzazione, ma la ritiene fenomeno passeggero. Ha ragione o torto? E' importante capirlo con certa urgenza. Se la Nuova economia é più "strutturale" di quanto pensato, allora questa avrà un'enorme ed imprevista capacità di autocontenere i focolai inflazionistici e quindi non sarà necessario tenerla preventivamente a freno minacciando rialzi dei tassi. Se, invece, la Fed crede il contrario, allora é probabile che sovraregisca in senso restrittivo a sporadiche scintille inflazionistiche generando inutilmente una recessione (americana e mondiale). Da una parte l'autorità monetaria statunitense decide solo sulla base di dati reali e non di credenze. Il che potrebbe tranquilizzarci. D'altra parte, ha recentemente inaugurato un metodo di intervento preventivo che lascia comunque molto spazio alla "teoria prima dei fatti" proprio in un periodo in cui i secondi stanno mutando velocemente. Cosa c'é da decidere, in essenza? Se la nuova tecnologia dell'informazione sia o no capace di essere un fattore costante di incremento della produttività tale da assicurare una crescita priva di inflazione altrettanto continua.
Il capo della Fed, come detto, é scettico. Un suo autorevole economista, Daniel Sichel, nega perfino che la recente impennata della produttività sia dovuta alla tecnologia. La attribuisce prevalentemente al basso costo dei capitali. Questione chiusa? Fortunatamente no. Il premio Nobel Robert Solow é famoso per aver dichiarato, ironicamente, qualche anno fa: "la rivoluzione della tecnologia dell'informazione la si vede dappertutto meno che nella produttività". Adesso si é ricreduto, come molti suoi colleghi, perché ha visto meglio i dati. Che d'altra parte non provano la fine dell'economia dei cicli, come ha giustamente rilevato Alesina dell'Università di Harvard. Ma Bob Davis e David Vessel (nel libro "Prosperity", 1998) ritengono che: "quello che succede presso il Cuyahoga Community College di Cleveland é più importante, per la classe media americana, di quello che succede ad Harvard". Sante parole. Cinque milioni di studenti della scuola secondaria stanno ricevendo un nuovo tipo di educazione tale da aumentare enormemente nel futuro il grado di "tecnologizzazione" dell'economia. Qui un punto rilevante a favore della durata della "Nuova economia" che molti sottostimano.