Mettiamo un po' d'ordine nel criterio di valutazione dell'economia italiana. E' utile farlo perché nei media prevale un'informazione distorta su questo punto.
Il risanamento parziale dei conti pubblici è stato attuato a scapito dell'economia reale. Prova. Più tasse ed il mantenimento della rigidità del mercato del lavoro stanno disincentivando nuovi investimenti produttivi. Dato fondamentale che tutti possono controllare, ma che non é, guarda caso, pubblicizzato. Le nuove attività economiche che nascono sono di meno di quelle muoiono. Tendenza. Senza correzioni, questa trend comporta in pochi anni una sostanziale deindustrializzazione del Paese. Ciò significa alta disoccupazione endemica e peggioramento complessivo della ricchezza nazionale. Il fatto che l'economia finanziaria (titoli, borse, valuta) sia migliorata non compensa la negatività preoccupante del dato precedente. Alla lunga è l'economia reale che definisce i destini di quella finanziaria. Criterio di valutazione. La salute dell'economia finanziaria deve essere sempre associata a quella dell'economia reale. Se le due divergono sono guai. E attualmente sono divergenti, pericolosamente depressa la seconda, solo nominalmnte e provvisoriamente stabile la prima.
Numeri con i quali valutare la vera salute economica per l'Italia nel 1998 e 99 in base al potenziale industriale del Paese ed al probabile andamento del mercato mondiale nei prossimi due anni (non eccezionale, ma comunque in tiro). Crescita Pil attorno al 3,5%, inflazione sotto il 3%, disoccupazione ridotta di un terzo. Se il governo non raggiunge questi risultati vuol dire che è fatto da dilettanti o da comunisti o che capita una recessione paurosa nel mercato internazionale.
Sfido chiunque a contestare questo concetto di salute economica vera. Ritengo inconsistenti coloro che celebrano come successo risultati inferiori.